La notizia non farà piacere ai cacciatori di balene ma, stando a un rapporto della Commissione internazionale per la caccia ai cetacei (International Whaling Commission - Iwc), il vero business non sta più nelle carni di questi animali ma nel fascino che possono esercitare sugli amanti della natura
BALENE
Whale watching, un affare ogni anno 2 miliardi di fatturato
Secondo un rapporto della International Whaling Commission, il business si è capovolto. E l'avvistamento rende più della caccia. Il settore è in crescita anche in Italia, ogni giorno battelli da 200 persone di SARA FICOCELLI
PROTEGGERE i cetacei è più redditizio che ucciderli. La notizia non farà piacere ai cacciatori di balene ma, stando a un rapporto della Commissione internazionale per la caccia ai cetacei (International Whaling Commission - Iwc), il vero business non sta più nelle carni di questi animali ma nel fascino che possono esercitare sugli amanti della natura. Il documento spiega infatti che il "whale watching", ovvero il turismo dedicato all'avvistamento dei cetacei, frutta circa due miliardi di dollari l'anno in tutto il mondo, cifra superiore al fatturato medio della loro caccia.
Nel XIX secolo le balene erano vere e proprie miniere d'oro: il motivo principale per cui venivano uccise era il grasso, trasformato in olio per lampade, e ogni altra parte era preziosa, dai fanoni, che diventavano corsetti, all'olio del capodoglio, usato per i profumi. Oggi il fine principale della caccia è la carne, amata soprattutto in Paesi con lunghe tradizioni baleniere come il Giappone, l'Islanda, e in parte degli Stati Uniti e del Canada.
Un delegato islandese, presente alla riunione annuale dell'Iwc tenutasi in Portogallo, ha tenuto a precisare che le due industrie sono compatibili e che la caccia non ha ripercussioni su questa forma di turismo. Ma secondo il direttore dell'Ifaw (International Fund for Animal Welfare) Patrick Ramage, che ha commissionato lo studio, "è chiaro che il whale watching è più sostenibile e permette di ottenere benefici economici maggiori rispetto alla caccia".
Le balene insomma valgono più da vive che da morte e nel rapporto si legge che negli ultimi dieci anni questo tipo di turismo è duplicato, soprattutto in Asia. Nel 2008, in 119 paesi, 13 milioni di persone si sono dedicate a questa attività, italiani compresi.
"La notizia non mi stupisce - spiega Carlo Baracchini di Whale Watching Liguria - malgrado la crisi il nostro è un settore in crescita. Lavoriamo da 14 anni e ogni anno registriamo un'affluenza di turisti superiore al precedente". In Italia è il consorzio Liguria Via Mare ad organizzare tour in battello alla scoperta dei cetacei: un giro costa 32 euro a persona e ogni giorno da Imperia parte una nave con a bordo in media 150 persone, fino a un massimo di 200 posti. Da Genova i viaggi si organizzano settimanalmente, ma nei mesi di luglio e agosto partono anche due battelli al giorno. La certezza di avvistare gli animali non c'è, "anzi, se ci rendiamo conto che la nave li disturba rientriamo subito al porto", precisa Baracchini, ma i tour durano dalle quattro alle nove ore e l'arco di tempo è sufficiente a vedere almeno qualche delfino.
Il mare italiano ospita otto specie di cetacei: il delfino comune, la stenella striata, il tursiope, la balenotte comune (il più grande, di circa 22 metri), il capodoglio (tra i 16 e i 18 metri), lo zifio, il globicefalo e il grampo. Il periodo migliore per avvistarli è la primavera inoltrata, da maggio a giugno, ma i tour vengono organizzati tutto l'anno. Per questi animali la speranza di sopravvivere all'uomo, malgrado i sudati sforzi degli ambientalisti, sta forse nelle leggi di mercato.
(Repubblica, 8 luglio 2009)