mercoledì 27 febbraio 2013

Tozzi: «La vera crisi è quella del pianeta»


Povertà di risorse «In una crisi ecologica è come se ti levassero dal conto qualche euro ogni tanto. Non te ne accorgi, poi ti ritrovi impoverito»
Tozzi: siamo l'unica specie che accumula non per sopravvivere ma per arricchirsi

Lasciata la piccozza per la penna, nel suo ultimo libro (Pianeta Terra: ultimo atto. Perché saranno gli uomini a distruggere il mondo, Rizzoli, pp. 169, euro 16), Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e conduttore di programmi tivù come Gaia, il pianeta che vive (Raitre) e Atlantide (La7), indossa i panni del sopravvissuto a una catastrofe ambientale planetaria, che racconta cosa è andato storto e perché.

L'impostazione ricorda un po' quella del film «The age of stupid» (2009). Il film era però ambientato nel 2055, il suo libro nel 2019.
Significa che la catastrofe è più vicina?«Quel film, in effetti, è stata una delle mie fonti di ispirazione. La differenza è che quello era incentrato sulle nostre responsabilità nella catastrofe climatica. Nello scenario immaginato nel libro, ciò che fa "saltare il tappo" è una situazione stressata del pianeta in quanto tale: terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche. Eventi naturali che, però, diventano catastrofici per colpa nostra. Un modo per mettere in luce quanto la situazione, dal punto di vista del clima e delle risorse, sia ormai compromessa.
Devo dire che ho accorciato i tempi del disastro in un periodo non sospetto, visto che il libro è uscito a fine 2012. Ma, proprio in questi giorni, il rapporto climatico annuale dell'Onu dice che il mutamento sarà sooner, faster and stronger: più vicino, più rapido e più forte».
Di cambiamento climatico, però, si parla molto meno rispetto a qualche anno fa. Colpa solo della crisi economica?«Certo non fa comodo parlarne adesso perché avviare un confronto serio sul cambiamento climatico, basato su dati scientifici, vorrebbe dire portare mutamenti in economia tali da compromettere l'uscita dalla crisi. Però, da non economista mi chiedo: siamo proprio sicuri che questa sia una crisi congiunturale e non invece strutturale, determinata anche dalla crisi ecologica mondiale? Ho l'impressione che queste due crisi o si risolvono assieme, o non si risolvono affatto».Anche George Monbiot, giornalista e ambientalista, sul Guardian a ottobre 2008, inizi della crisi finanziaria, scriveva che il credit crunch era poca cosa rispetto al nature crunch prossimo venturo. E che entrambi avevano la stessa causa: «chi ha sfruttato le risorse ha chiesto rate di rimborso impossibili e causato debiti che non potranno mai essere saldati».
«D'accordissimo. Non a caso anch'io, nel mio libro, parlo di ecological crunch».
Ma non sarà che, se oggi si parla poco di cambiamenti climatici, è anche perché ci si è assuefatti all'allarmismo?«In parte. Ma il vero motivo è che i termini di una crisi economica sono molto diversi da quelli di una crisi ecologica. Nel primo caso, infatti, i guai li noti subito: perdi la casa perché non riesci più a pagare il mutuo, vedi i risparmi mangiati dall'inflazione o le tue azioni vanno a picco. In una crisi ecologica è come se, invece, ti levassero dal conto in banca qualche euro ogni tanto. Non te ne accorgi nemmeno. Però alla fine ti ritrovi impoverito».Un po' come la rana nel documentario di Al Gore An inconvenient truth: se la metti nell'acqua bollente salta fuori, ma se scaldi l'acqua pian piano finisce bollita... «Esatto. Visto che il conto da pagare non ce l'hai davanti, come invece al ristorante, ha buon gioco chi, in buona o cattiva fede, dice: "Lo vedete che non sta succedendo niente?" La verità è, invece, che un'economia sana si può basare solo su una biosfera sana, perché ne è un sottosistema.
La ricchezza finanziaria viene prodotta a spese del lavoro di altri uomini e dell'ambiente. Ma se materie prime e fonti di energia sono per definizione finite, visto che la Terra è un bel po' che si è smesso di produrla, come si fa ad avere altra crescita economica? È un nonsenso fisico».Mi viene in mente quel detto: se qualcuno crede sia possibile una crescita infinita su un pianeta finito, o è un pazzo, o è un economista...«Esatto. Eppure, ci lamentiamo perché la Cina non cresce più a due cifre. Si dice che è giusto che tutti i paesi possano avere livelli di vita occidentali. Ma non si può fare. Non per cattiveria, per motivi fisici».Ma come si fa a spiegarlo a milioni di cinesi, indiani o brasiliani?«Infatti non glielo puoi spiegare. Semmai toccherebbe a noi occidentali redistribuire la ricchezza. Ma non mi pare che sia questa la tendenza. Sinceramente, non vedo ragioni per coltivare anche un minimo ottimismo. Per dire, anche se azzerassimo oggi tutte le emissioni di anidride carbonica, ci vorrebbero 50 anni solo per tornare agli attuali livelli in atmosfera. Invece siamo ancora lì a litigare su riduzioni non del 100%, ma del 6%. Questo mi fa temere che non usciremo da questa trappola in nessuna maniera».
Anche un'eventuale a carbon tax sarebbe quindi soltanto un palliativo?«Oddio, meglio che niente. La situazione, però, mi sembra davvero molto compromessa. Per questo molti parlano di adattamento invece che di lotta ai cambiamenti climatici. Ma l'adattamento in un pianeta con 7 miliardi di abitanti mi sembra molto complicato. Cerchiamo un po' tutti di sopravvivere, guardiamo al massimo ai prossimi cinque anni, sperando in non si sa quale colpo di fortuna».
James Lovelock, padre della teoria di Gaia, è talmente preoccupato dalle emissioni di anidride carbonica da pensare che, per parafrasare Heidegger, ormai solo il nucleare ci possa salvare. L'ha ribadito anche in una recente intervista su La lettura. Nel suo libro, invece, è proprio un incidente nucleare a dare il colpo di grazia al pianeta.
 «L'uranio è un combustibile fossile come il petrolio o il carbone e finirà anch'esso. Inoltre, nemmeno Lovelock indica una soluzione al problema delle scorie. E, infine, il kilowattora nucleare, se si considerano anche le spese per eventuali danni e per lo smaltimento, costa più e non meno di quello da altre fonti. Meglio puntare su rinnovabili e risparmio energetico. Anche se il vero problema resta: su questo pianeta siamo in troppi».O forse troppo ingordi: in un'intervista alla radio lei ha detto che l'uomo è l'unico animale che accumula.«Non saprei dire perché, ma è così. L'uomo è il primo animale che mette da parte non per sopravvivere, ma per creare ricchezza. È questo che ci impedisce di convivere col mondo naturale». La puntata scorsa di Atlantide l'ha dedicata alla rinuncia di Benedetto XVI. Papa Ratzinger ha più volte toccato il tema del rispetto dell'ambiente, vedi l'enciclica Caritas in Veritate. Che ruolo possono svolgere la Chiesa e, più in generale, la religione?«Benedetto XVI ha fatto dei discorsi molto duri sull'ambiente. Il guaio è che, come si dice, non se l'è filato nessuno. Più che nelle gerarchie ecclesiastiche, confido nel cattolicesimo di base, come le Acli o altre associazioni. In fondo, per loro questo mondo è l'inizio dell'altro».
Angelini Luca

(21 febbraio 2013) - Corriere della Sera