domenica 17 febbraio 2013

La lezione del caso green hill - I diritti degli animali

La lezione del caso green hill
I diritti degli animali
Brevini Franco
(12 febbraio 2013) - Corriere della Sera

Sul muro di una strada di accesso a un parco nazionale, qualcuno scrisse una volta: «Salvate gli uomini, non i fiori». Un'affermazione che sarebbe difficile non condividere. Prima della flora viene naturalmente l'uomo. Sennonché la questione non è così semplice.

Per giungere subito al punto che mi sta a cuore: salvare i fiori è in realtà uno dei modi per salvare l'uomo.Di fronte al caso dei beagle di Green Hill qualcuno meno sensibile al mondo animale avrà provato una sensazione di spazientimento: tanto rumore per dei cani!
Oppure: alla fine servono alla ricerca scientifica. Quando sento discorsi del genere, mi viene in mente l'espressione con cui Isaac Bashevis Singer, premio Nobel per la letteratura nel 1978, definì il trattamento riservato dagli uomini agli animali: «Un'eterna Treblinka», con il riferimento, da qualcuno contestato, a uno dei lager della Shoah.
Le tesi oggi rivendicate dagli animalisti erano già state avanzate qualche migliaio di anni fa da Plutarco, il quale dichiarò che l'uomo non ha il diritto di opprimere gli animali, perché anch'essi come lui provano sofferenza.
Affermazioni che a loro volta sembrano un'anticipazione dell'utilitarismo dell'inglese Jeremy Bentham, il quale nel Settecento gettò le basi della riflessione etica sugli animali: «Il problema non è "Possono ragionare?", né "Possono parlare?", ma "Possono soffrire"?». Qui sta il punto.
Con quale diritto noi possiamo infliggere delle sofferenze ad altre specie, che sappiamo avvertiranno il dolore recato da tali sofferenze?
In realtà il tema della violenza esercitata sugli animali presenta inquietanti ripercussioni anche sulla specie umana. Partendo dalla pietà verso gli animali, Kant giunse a questa conclusione: «Facendo il nostro dovere verso gli animali rispetto alle manifestazioni della natura umana, indirettamente facciamo il nostro dovere verso l'umanità. Possiamo giudicare il cuore di un uomo dal suo trattamento degli animali».
C'è un essenziale legame, per dirla con un altro grande filosofo, tra «tutti gli occhi che vedono il sole». Dalla compassione verso una specie dipende quella verso tutte le altre.
Per questo faremo bene a diffidare di chi esercita qualsiasi forma di violenza su una specie più debole.
Lo specismo - cioè la discriminazione di una qualsiasi specie di vivente - nasconde dietro di sé altri più inquietanti -ismi. Non è forse vero che il razzismo assimila selvaggi, neri o qualunque altra categoria discriminata ad animali?
Auschwitz, ha scritto il filosofo tedesco Adorno, inizia ogni volta che qualcuno guarda un mattatoio e pensa: sono solo animali.Dietro la battaglia per i diritti animali si agitano dunque ben altri problemi. C'è, come abbiamo visto, il rispetto dei diritti degli uomini. Ma c'è anche un nuovo atteggiamento verso il pianeta Terra, che, superando l'antropocentrismo che ha dominato la storia umana, si apra al rispetto di tutte le forme di vita: una scelta vincente anche per chi non si riconosca nelle nuove forme di biocentrismo e continui a mettere l'uomo al primo posto. La salvezza per la specie homo sapiens potrà infatti venire solo mutando rotta e cessando di considerare la natura, beagle e territorio, polli in batteria e risorse naturali, come uno strumento da sfruttare.


nota mia: l'altro giorno su RAI5 hanno ritrasmesso una puntata de "La terra vista dal cielo", prima puntata che partiva da Parigi. Oltre alle bellissime immagini della Camargue e di altre regioni riprese dall'elicottero, c'erano interviste ad un vecchio agricoltore alsaziano, ad un lavoratore delle saline in Camargue e un reportage sugli inquinanti allevamenti di suini e di polli francesi. Da meditare sia dal punto di vista ecologico sia da quello etico. GG