giovedì 7 giugno 2012

Bill Viola a Villa Panza



Non sarò mai abbastanza grato a quella guida che a Roma, dopo averci illustrato per oltre un'ora una mostra sugli Etruschi, disse:"vi segnalo al piano di sopra una mostra di arte contemporanea con cose molto diverse da quelle viste finora". Era una mostra di video di Bill Viola, magnifici.
Alcuni di questi sono a Villa panza fino al 28 ottobre. da vedere, prendendosi il tempo necessario!
Ci sono alcune sciocchezze sull'arte contemporanea che è bello potere confuta­re.L'antologica organizza­ta a Villa Panza con Bill Vio­la (New York 1951), inaugu­rata  nella dimora di Biumo del Fondo Ambiente Italiano, è un ottima occasione per farlo. La prima è che, perduta la necessi­tà di perizia in ambito scultoreo o pittorico, l'opera possa transigere da un'esecuzione tecnica competente. È vero che in uno dei suoi famosi statement l'artista concettuale Lawrence Weiner ebbe a scrivere che «l'opera non ha bisogno di essere realizza­ta» perché può essere anche solo pensata. Ma nessuno ha mai detto che, se la si costru­isce, lo si può fare male. La seconda è che ci sia una rottura insanabile tra l'arte antica e quella nata dopo le Avanguardie Storiche. A conti fatti, le permanenze del canone riva­leggiano con le fratture.


Viola è sempre in simbiosi con la moglie Kira, ha il viso ascetico da buddista pratican­te e una familiarità con l'Italia che gli provie­ne non solo dai nonni ma anche dall'avere trascorso, a vent'anni e in veste di assistente, un lungo periodo nel primo luogo d'Italia dove si sono fatti video, la Firenze di Maria Glo­ria Bicocchi e del suo progetto Art Tapes 22. Il suo rapporto con la nostra storia dell'arte è evidente ed egli vi attinge in quanto repertorio di immagini, come fonte di un possibile atlante delle tappe più signi­ficative dell'esistenza umana. Assume l'ico­nografia religiosa, soprattutto, come il luo­go della massima sintesi delle emozioni di base, provocate da quegli snodi inevitabili che sono i nostri cambiamenti: a volte flui­di come lo scorrere del tempo, della luce o dell'acqua, a volte invece improvvisi come il parto e la morte.
Nella mostra si dipana la sua lunga espe­rienza di esploratore dell'immagine digita­le, di cui è stato un antesignano e che ma­neggia da solo, inventando con competenza programmi inediti e complessi. Per esem­pio in Passage info Night (2005), una donna marcia nel deserto e si avvicina a noi per 50 minuti. La sua figura di pellegrina nella sab­bia ci sembra camminare sul posto, tanto è potente il teleobiettivo utilizzato per le ri­prese. Ma l'idea è proprio che il mezzo tecni­co scompaia di fronte alla pregnanza del contenuto, ovvero la condizione di solitudi­ne, di fatica ma anche, alla lunga, di effica­cia del nostro incedere nel mondo. In Three Women (2008) una madre e le sue due figlie varcano la soglia che dalla non-esistenza porta alla vita e viceversa. Questo passaggio è reso leggibile da due elementi: uno è il con­tatto con l'acqua, che per un'anima immate­riale è inutile, l'altro, più sottile, è il rappor­to col bianco e nero: solo nel momento in cui le tre donne passano l'intercapedine dell'esserci, nella materia e nel qui e ora, as­sumono sembianze colorate passando un muro ideale. Va anche detto che ora i pro­grammi per ottenere questi effetti sono di­ventati di dominio comune, anche grazie al­le sue sperimentazioni, e non a caso l'artista dice di volere girare con la vecchia pellicola 35 mm per affrontare una nuova sfida. Un altro aspetto saliente riguarda l'inte-
resse di Viola per una trasposizione della pittura statica in immagine in movimento. Il saggio in catalogo di Salvatore Settis con­testualizza questo punto, immettendolo in una catena di catena che include la scelta di rappresentare figure non più statiche nella Firenze rinascimentale; ciò che Viola porta in più a quella svolta è il non volere solo sug­gerire, ma anche mostrare il movimento in atto, senza peraltro fare cadere lo spettato­re in quello stato di eccitazione e di interes­se aneddotico per la trama che connota la percezione del cinema. I suoi video sono lentissimi: per godere l'arrivo dell'alba e del tramonto che cambiano i contorni di una quercia in The Darker Side ofDown (2005) occorre attendere un'ora di fronte a un'im­magine in cui muta quasi solo la luce.
Il desiderio di continuità con la pittura an­tica era già molto evidente nel suo volersi ispirare a dipinti quali la Visitazione di Pontorno di Carmignano per The Greetings (1995)- Qui a Biumo vediamo Emergence (2002), la cui struttura è tratta dalla Pietà di Masolino da Panicale. Nel corso degli 11 mi­nuti richiesti dalla visione, il video mostra due donne che attendono accanto a un se­polcro, un giovane uomo che ne esce e una serie di posture dei corpi che sembrano ri­sultare dalla composizione di modelli diver­si: dalle pie donne sotto alla Croce alla tipo­logia di pietà in piedi (come la Rondanini di Michelangelo) o con il Cristo a terra (come quella di Sebastiano del Piombo) passando attraverso modelli ancora diversi quali il compianto del Cristo Morto o il trasporto fi­sicamente estenuante del corpo, per esem­pio nella Pala Baglioni di Raffaello. Lo spiri­to di queste immagini non è, peraltro, quel­lo della religiosità cattolica; qui risulta evi­dente un senso di circolarità della vita e di dispersione delle necessità del singolo, che trae spunto dalla religiosità orientale non meno che da una rinuncia alla metafisica. Si inseguono permanenze e trasmutazioni, ri­correnze tematiche adattate a un muoversi inesorabile della mentalità. Non possiamo non ricordare la concezione della storia dell'arte che fu di Aby Warburg e di Fritz Sa-xl, per la quale certe immagini si ripresenta­no anche a distanza di secoli, indipendente­mente dal supporto tecnico, anche quando non siano veicoli di un pensiero identico ma anzi, di una sua variazione saliente.
Bill Viola. Reflections, Varese, Villa Panza di Biumo, fino al 28 ottobre. Catalogo Silvana Editoriale

Angela Vettese, da il sole 24 ore 13 maggio 2012