mercoledì 20 aprile 2011

dopo il nucleare

Questi cialtroni che ci governano hanno fatto in modo da depotenziare il referendum sul nucleare, per evitare una sicura sconfitta.
Ma dato che a parer mio già un pò di tangenti hanno cominciato a girare, per non doverle restituire passata l'estate giurerei che saranno bravi a ritirare fuori il tutto, ripetendo la storiella che il nucleare è indispensabile, ecc. ecc.
Ecco un estratto da un articolo tratto dal "venerdi di repubblica" che fa un pò i conti delle prospettive future.
E comunque, 11 e 12 giugno comunque tutti a votare SI contro la privatizzazione dell'acqua e il legittimo impedimento!!!
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Secondo Mark Jacobson, della Stanford University, e Mark Delucchi, dell'Università della California a Davis, l'alternativa «o nucleare o preistoria» non è però così scontata. I due, nel 2009, hanno pubblicato sulla rivista Energy Policy, un articolo in cui valutavano la possibilità di soddisfare tutte le necessità energetiche del mondo usando solo vento, sole, geotermia e acqua, rinunciando cioè non solo al nucleare, ma anche alle biomasse (legna, alcol, oli vegetali), spesso indicate come fonte di distruzione ambientale e carenza di cibo.

Nello studio si considera come produrre un'energia superiore del 40 per cento di quella attuale, per tenere conto delle esigenze di sviluppo di molti Paesi. I due hanno stilato così la «lista della spesa» necessaria a soddisfare questa richiesta: 3 milioni 800 mila turbine coliche da 5 megawatt (Mw, milioni di watt) l'una, 49 mila centrali solari termiche da 300 Mw, 40 mila centrali fotovoltaiche da 300 Mw, 1,7 miliardi di tetti fotovoltaici da 3 Mw, 5350 centrali geotermiche da 100 Mw, 270 nuove centrali idroelettriche da 1300 Mw, 720 mila impianti a onde marine da 75 Mw e 490 mila impianti a maree marine da un Mw.
Per produrre tutti questi impianti servono acciaio, cemento, alluminio, silicio, che abbiamo a sufficienza, mentre potrebbero mancare alcuni elementi rari, come il neodimio per i magneti e il platino per le fuel celi, per i quali andranno trovate alternative.
Secondo il piano dei due ricercatori, l'elettricità prodotta dagli impianti, che tutti insieme occuperebbero meno dello 0,6 percento delle terre emerse, sarebbe in parte trasformata in idrogeno, per essere usata nei trasporti o nella produzione di calore.
L'intermittenza di sole e vento verrebbe compensata integrando queste fonti con altre più costanti, come l'idroelettrico e il geotermico, e accumulando elettricità in batterie o sotto forma di idrogeno. Anche considerando queste complicazioni, il costo dell'energia rinnovabile sarebbe paragonabile a quello medio attuale, se in questo si include il costo dei danni causati da inquinamento e cambiamento climatico.
La ricerca Jacobson-Delucchi è stata criticata perché è troppo facile fare il «conto della spesa» su come sostituire le attuali centrali con le rinnovabili, senza considerare le risorse finanziarie disponibili e i differenti interessi nazionali. Ma altri studi confermano le sue conclusioni, almeno a livello europeo: per esempio, la Roadmap 2050, realizzata dalla European Climate Foundation con la società di consulenza economica McKinsey, che, puntando a ridurre drasticamente le emissioni europee di CO,, spiega come potrebbe essere creato un sistema basato sulle sole rinnovabili entro 40 anni. A differenza dello studio americano, la Roadmap punta molto sulla riduzione dei consumi (per esempio -45 per cento per riscaldare le case, usando più isolamento e pompe di calore invece di caldaie, e -25 per cento nei trasporti, usando motori elettrici e ibridi) e non nasconde che la conversione non sarà gratis. Per compensare i 3500 miliardi di euro necessari per i nuovi impianti, reti e sistemi di accumulo, il prezzo medio del chilowattora europeo passerebbe da 0,07 a 0,11 euro al 2020.
In compenso però i posti di lavoro aumenterebbero: già oggi la Germania occupa 30 mila persone nel nucleare, e 340 mila nell'energia verde.
Se pensate che questi studi siano un volo di fantasia, sappiate che i piani del governo conservatore tedesco, non certo un covo di hippie sognatori, prevedono cifre molto simili: una produzione elettrica da rinnovabili tra il 60 e l'80 per cento entro il 2050, e l'abbandono del nucleare intorno al 2030 (e forse anche prima, dopo quello che è accaduto in Giappone e la vittoria dei verdi alle ultime elezioni).
E in Italia, si può fare? «Sicuramente sì» dice Giuseppe Onufrio, direttore scientifico di Greenpeace Italia, che ha realizzato sul tema lo studio Energy Revolution, «Già oggi produciamo il 21 per cento di elettricità rinnovabile e siamo predisposti a incrementarla, avendo un parco di centrali a metano, molto adatte a compensare l'intermittenza di sole e vento, e tanti bacini idroelettrici su cui impiantare sistemi di pompaggio. Inoltre, grazie alle tecniche di estrazione del gas da rocce carboniose, in questi ultimi anni le riserve di metano si sono ampliate. Nel 2020 potremmo coprire con le rinnovabili circa il 35 per cento dei consumi, come fa già oggi la Spagna senza particolari problemi. Aggiungendo un ragionevole miglioramento dell'efficienza energetica, saremmo già oltre il doppio di quanto fornito dalle centrali nucleari proposte dal governo».

ALEX SARACOSA venerdi di repubblica 8 aprile 2011