Chi si avvantaggerà del nucleare, a mio parere, saranno tre categorie:
a) gli acciaieri, che hanno bisogno di quella energia "di picco" che le altre fonti di energia non possono fornire.
b) gli ingegneri nucleari
c) chi si prende le tangenti per grandi opere PUBBLICHE. Attenzione al concetto di pubblico, perchè è molto importante...vedi articolo di Alberto Clò 25 maggio 2008.
Ciò predetto, invito a leggere con attenzione questi articoli apparsi sul sole24ore, che contengono varie cosettine interessanti, che potrebbero essere molto utili in caso di dibattito sull'argomento.
Per non essere frainteso: si sa qual è la fonte, ma proprio per questo, quanto riportato è MOLTO INTERESSANTE per contrastare il ritorno del nucleare.
Richard Garwin – Francesco Rendina 23 maggio 2008
Intervento / Ritorno al nucleare in un'ottica di lungo periodo
di Alberto Clò 26 MAGGIO 2008
Corsa all'atomo, potrebbe mancare il combustibile
di Giorgio S. Frankel 26 maggio 2008
La tentazione pericolosa dell'uranio arricchito
di Mario Vadacchino 26 maggio 2008
Ripartire da zero vuol dire superare i limiti di mercato
Di Alberto Clò 25 maggio 2008
Ed è proprio il mercato, da tutti osannato quando le cose vanno bene e rinnegato in situazioni opposte, che spiega l'innegabile impasse in cui il nucleare si trova. Delle 35 centrali in costruzione nel mondo, appena 5 sono nei Paesi industrializzati. Negli Stati Uniti l'ultimo kWh ordinato (poi non realizzato) risale al 1978, mentre si sono costruite centrali a gas metano per 140mila MWe nei soli anni 90. Idem in Gran Bretagna, che rischia di incorrere in un pesante deficit elettrico se non si realizzeranno investimenti per sostituire entro il 2020 le decrepite centrali nucleari che hanno portato quasi al fallimento British Energy.
Tra il 1970 e il 1990 si sono costruite nel mondo 17 centrali nucleari ogni anno. Dal 1990 al 2005 appena 1,7, per lo più nei Paesi emergenti. Venute meno le condizioni che in passato incentivavano gli investitori (aiuti di Stato, assetti monopolistici, prezzi remunerativi), questi hanno volto il loro interesse là dove i rischi e le incertezze di mercato erano e sono minori; dove i rientri sono molto più rapidi; dove la redditività è superiore (il metano) o addirittura garantita (i lauti sussidi alle mitiche rinnovabili). Morale: le convenienze di mercato disincentivano oggi gli investimenti nel nucleare. Non a caso, l'unica centrale in costruzione in Europa, in Finlandia, è stata realizzata grazie a un modello societario che bypassa il mercato, con una partnership tra produttori e grandi consumatori e l'impegno di questi a ritirare la produzione nell'intera vita della centrale, a prezzi ancorati ai costi remunerati, consentendone la finanziabilità a tassi la metà di quelli altrove praticati.
Conclusione: in passato erano gli Stati che decidevano se ricorrere o meno al nucleare. Oggi è il mercato che orienta le decisioni di investitori e finanziatori. Accapigliarsi sui suoi costi assoluti o relativi ha poco senso perché quel che conta è la valutazione che ne fanno le imprese. Il ruolo degli Stati oggi è altro: garantire certezza dei processi autorizzativi; definire gli standard e i vincoli di sicurezza; concorrere all'individuazione dei siti delle centrali e alle modalità di smaltimento delle scorie; definire le politiche di regolazione dei mercati, specie quelle che interiorizzano le esternalità positive del nucleare, così rafforzandone la convenienza (tramite, ad esempio, carbon credits). La decisione ultima resterà, comunque, degli investitori privati."(...)...