mercoledì 2 luglio 2014

Bill Bernbach, pubblicitario

La storia. 350 Madison Avenue

STEFANIA PARMEGGIANI

L'APOSTOLO PIÙ ABILE che il capitalismo abbia mai avuto, l'uomo che si ribellò al potere dei tecnici chiamandoli con spregio medicine men, sciamani, iniziò la sua scalata da un ufficio al 350 di Madison Avenue, la strada di New York dove si affacciavano le agenzie pubblicitarie più potenti del mondo.

Era il primo giugno 1949 e la pubblicità era concepita come un congegno di precisione, una formula matematica per sedurre i capitani di industria e convincerli a investire nella comunicazione. Un meccanismo che parlava per tabelle e percentuali, che prometteva di piegare la fantasia alle regole del mercato. Quella era l'idea fordista della pubblicità che Bill Bernbach osò sfidare dopo essersi licenziato dalla Grey advertising. Dissero che il suo era un colpo di testa, che la sua Ddb era destinata a soccombere. In un episodio di Mad Men, la saga televisiva di culto ambientata negli uffici di Madison Avenue, un copywriter riserva alla sua agenzia una battuta fulminante: «Ho sentito che in Ddb si fumano le canne». In realtà tra quelle mura si lavorava duramente. Poi venne il resto, l'immagine che smette di essere subalterna al testo, l'advertising che si emancipa dalla propaganda e gioca con l'ironia. In una pubblicità di Bernbach c'è un bambino imbronciato mentre l'headline recita: «Siamo spiacenti di comunicarti che il tuo materiale scolastico è pronto da Ohrbach's». In un'altra c'è una bottiglia di scotch ormai vuota: «Vedila così. Non ci hai rimesso una bottiglia di Chivas, hai guadagnato degli amici». Che pubblicità era mai quella che si prendeva gioco dei prodotti che voleva vendere? Finì che furono gli altri — i medicine men — a doversi adeguare alla rivoluzione di Bernbach. 

Ma l'ebreo del Bronx non era ancora soddisfatto. I supermercati cominciavano a stargli stretti, in lui covava l'idea che ci fossero cose più urgenti da comunicare: le buone cause che possono cambiare il mondo. Per le presidenziali del 1964 ideò il "Daisy ad", dando un contributo decisivo alla vittoria di Lyndon Johnson: una bimba sfogliava una margherita evocando il conto alla rovescia di un olocausto nucleare. Partendo da Madison Av., Bernbach aveva raggiunto il cuore della democrazia moderna, la costruzione del consenso. Morì nel 1982 senza avere il tempo di scrivere il libro su cui a lungo aveva meditato. Questa mancanza viene colmata dall'omaggio di un pubblicitario italiano, Giuseppe Mazza, che ha cercato su vecchi bollettini aziendali o negli atti dei convegni, ogni suo scritto. Il materiale è stato raccolto in un libro che lo presenta non solo come il mad man che cambiò il linguaggio dell'advertising, «ma come un intellettuale puro totalmente immerso nella cultura materiale». Un ambasciatore del "Think different", disse la Apple inserendolo nella sua celebre campagna. Lui prima di loro.

BILL BERNBACH

IN PUBBLICITÀ ci sono un sacco di bravissimi tecnici. E purtroppo hanno vita facile. Conoscono tutte le regole. Ti dicono che un annuncio pubblicitario sarà più letto se mostra della gente. Ti dicono quanto dovrebbe essere lunga o corta una frase. Ti dicono che il testo deve essere spezzettato per una lettura più scorrevole. Ti propongono una certezza dopo l'altra. Sono scienziati della pubblicità. C'è un solo problema. La pubblicità è fondamentalmente un modo per convincere. E convincere non è una scienza. Convincere è un'arte. È la nostra scintilla creativa, quella di cui sono così geloso, quella che adesso temo si stia perdendo. Mi dispiace vedere che ormai adoriamo sempre più la tecnica e non i contenuti. Io non voglio specialisti. Io non voglio scienziati. Io non voglio gente che faccia la cosa giusta. Io voglio gente che faccia cose ispirate. (1947)

UN'AUTOMOBILE ONESTA

Vorrei parlarvi della campagna Volkswagen. Quando abbiamo ottenuto questo cliente la prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di trascorrere molto tempo nella loro fabbrica di Wolfsburg, in Germania. Abbiamo passato giornate intere a parlare con ingegneri, responsabili della produzione, dirigenti, operai alla catena di montaggio. Abbiamo camminato seguendo passo passo il metallo fuso che si raffreddava trasformandosi in un motore, e abbiamo continuato a seguirlo fino a quando ogni singola parte della vettura non è stata al suo posto. Ed eravamo sempre lì quando un operaio si è messo al volante e per la prima volta il Maggiolino ha preso vita mettendosi in moto e poi allontanandosi dalla catena della produzione. Abbiamo capito così quale doveva essere il tema della campagna. Dovevamo dire al consumatore: "Questa è un'auto onesta". (1961)

UNA MOGLIE TUTTA NUOVA

Mi ricordo una campagna Ohrbach's nella quale prendevamo di mira, facendone la satira, alcune tecniche molto diffuse di fare comunicazione in pubblicità. Si vedeva un uomo che camminava uscendo dalla pagina, portando sotto il braccio una donna come fosse un pacco. Il titolo diceva: "Offerta libera, portaci tua moglie e con qualche dollaro avrai una donna nuova". Ricevemmo molti telegrammi che dicevano che avremmo dovuto mantenere la promessa. (1961)

NIENTE ACROBAZIE

Dovete avere qualcosa su cui applicare la creatività. Dovete viverci insieme. Dovete sprofondarci dentro. Farne indigestione. Arrivare fino al suo nocciolo interno. E in ogni caso, se non siete stati capaci di condensare tutto quello che volete dire al pubblico in un unico proposito, in un unico tema, non potrete essere creativi. Perché lasciar correre la mente in libertà, sognare visioni sconnesse, indugiare in acrobazie grafiche e ginnastiche verbali non significa essere creativi. I veri creativi hanno addestrato la propria immaginazione. L'hanno disciplinata in modo che ogni pensiero, ogni idea, ogni parola che scrivono, ogni linea che tracciano, ogni luce o ombra nelle foto che scattano, in modo che tutto insomma sia finalizzato a rendere più vivido, più credibile, più convincente il tema o la virtù del prodotto che hanno deciso di comunicare. (1961)

IL PANE DEGLI EBREI

Il nome del prodotto era Levy's Rye Bread. Io ho detto: "Mettiamoci la parola Jewish". Il cliente ha detto: "Non facciamolo. La gente potrebbe essere antisemita e non apprezzare". Io ho risposto: "Per amor di Dio, il vostro nome è Levy. Nessuno penserà niente di diverso". (1977)

PERCHÉ LA GENTE FUMA

Mentre uno scrittore deve preoccuparsi di ciò che scrive, il comunicatore si preoccupa non soltanto di ciò che mette su una pagina, ma di quello che il lettore ne ricava. Diventa perciò uno studioso del come la gente legge o ascolta. Impara che buona parte dei lettori emerge dalla lettura di un testo non con una chiara, precisa e dettagliata registrazione del contenuto nella propria testa, ma piuttosto con una vaga e fumosa idea che si è formata tanto dal ritmo, dalle proporzioni e dalla musicalità dello scritto quanto dalle parole. Impara che il lettore legge col proprio ego. E che trama con il proprio cervello allo scopo di razionalizzare i fatti affinché diventino strumenti dei suoi desideri. L'abbiamo visto quando uscì il Rapporto del Surgeon General sul fumo. Io ricordo di averlo letto interamente, e non vedo proprio come chiunque l'abbia letto obiettivamente possa ancora fumare. Però succede. Sono calate le vendite di sigarette? No, sono aumentate! E credo anche di sapere il perché. Perché l'argomento del fumare è stato portato alla coscienza degli americani come mai prima d'ora. La gente ne parlava. Era nelle loro teste, e fumavano di più. (1980)

DALLA PARTE DEI BUONI

Ho visto troppe buone cause fallire per carenza di competenza nella comunicazione e troppe cause cattive avere successo per avere tale competenza in gran quantità. Gli uomini di buona volontà non sono necessariamente buoni comunicatori. E questo può portare a tragedie. Voi potete essere la risposta a questo problema. Avete l'abilità, il talento e la conoscenza per raggiungere le persone e toccare le loro teste e i loro cuori. Vi esorto a gettarvi nella mischia. Tutti quelli tra noi che professionalmente usano i mass media sono i formatori di questa società. Possiamo volgarizzarla. Possiamo brutalizzarla. O possiamo aiutarla a raggiungere un livello più alto. (1980)

TASSE E VIETNAM

Ricordo Gene McCarthy andare nel New Hampshire, durante quelle famose Primarie per la Presidenza. Come forse ricordate, aveva il suo bell'esercito di devoti giovani seguaci, che si misero subito al lavoro, suonando alle porte delle case lassù, e allegramente si presentarono: "rappresento il Senatore McCarthy; come sapete, è candidato nelle Primarie e, come sapete, si oppone alla Guerra in Vietnam", e le porte si chiudevano immediatamente. Ovviamente, c'era qualcosa che non andava, e allora fu stampato un depliant che puntualizzava come la Guerra in Vietnam costasse più in un giorno di tutte le tasse del New Hampshire in un anno. Il mattino dopo erano tutti pacifisti. Niente funziona meglio di un rivestimento romantico su un movente egoista. (1980)

GRANDI IDEE DA VENDERE

Noi lavoriamo nella comunicazione e abbiamo sviluppato una capacità di rivolgerci alle masse che prima era impensabile. Nessuno di noi può più vivere isolato. Non avrebbe senso. Gli avvenimenti ci raggiungono sempre più velocemente. Il mondo è progredito fino al punto che l'opinione pubblica è la sua forza più potente. E credo che in questo nuovo, complicato, dinamico mondo non saranno più il bel libro o il poema epico di una volta a formare l'opinione pubblica, ma quelli che conoscono i mass media e le tecniche per rivolgersi alle masse. Il metabolismo del mondo è cambiato. Saranno nuovi veicoli a portargli le idee. Dobbiamo allearci con le grandi idee e portarle al grande pubblico. Dobbiamo migliorare le nostre capacità nell'interesse della società. Non dobbiamo solamente credere in quello che vendiamo. Dobbiamo vendere ciò in cui crediamo. (1982)