Belli questi due raccontini sui cani...soprattutto il primo, molto malizioso...
G
Marco Malvaldi
IL POSTO PEGGIORE
Io non la sopportavo più. Già non capivo perché dovessi aspettare i suoi comodi per andare a fare i miei bisogni, visto che la cara padroncina non faceva un tubo dalla mattina alla sera e portarmi al parco dovrebbe essere uno dei suoi divertimenti principali. E invece, niente.
Quando capitava, cinque minuti, a scappatempo. E sempre attaccata al cellulare in quei trecento secondi gentilmente messi a disposizione per marcare il territorio, a parlare con le sue amiche inutili al mondo. E allora basta. Ho deciso che mi meritavo la libertà, e ho lasciato la padrona al suo destino. Mi sono fatto portare al parco stanotte, verso le due, quando Sua Signoria è tornata da una delle sue festicciole. È bastato uggiolare un po' e accucciarmi tremolante sul tappeto Shirvan. Preso in braccio e via, senza nemmeno il guinzaglio, non per amore o almeno per pietà verso il cagnolino sofferente, ma per paura che aggiungessi al tappeto una decorazione extra in tre dimensioni. E, una volta al parco, ho lasciato che la guidasse l'abitudine; sì, perché il mio posto, quello che marco con i miei odorini da qualche settimana, di giorno è tranquillo. Di notte, mica tanto. Ci sono dei tizi con una faccia parecchio brutta, a cui non piace essere disturbati mentre vendono. E io, una volta condotta lì Sua Signoria, ho preso e sono scappato. Ho sentito che diceva qualcosa come "no, ero qui con il cane", e uno di questi chiederle "e quale cane?", e, forse, in lontananza, mi è sembrato di sentirla piangere. Bah, fatti suoi. Io, ora, libero!
Marco Malvaldi è l'autore di La carta più alta e Odore di chiuso, editi da Sellerio. •
Francesca Melandri STANCO DI GUERRA
L'Uomo odorava di paura. La più pericolosa: quella di sé. Quando il Cane era entrato cucciolo in quella casa, l'Uomo era lontano. La Donna mostrava spesso una foto al Bambino: tuo padre è tra montagne senz'acqua e gente di guerra, e porta la pace. Ora era tornato e c'era quell'odore che il sapone non copriva, l'uniforme color dell'erba morta, le grida nel sonno che poi l'Uomo, ritto sul letto, non sapeva spiegare. Passava le giornate sul divano. Il Cane imparò a stargli lontano; il Bambino presto lo imitò.
Bevi troppo, un giorno gli disse la Donna, e quella pesantezza immobile diventò furia. La Donna parò i colpi e scappò in cucina. Allora l'Uomo fece la guerra al televisore, alla bottiglia, ai cuscini. Infine al Cane. Lo afferrò come uno straccio, uscì in strada. La Donna dalla finestra vide l'auto che si allontanava. L'Uomo rientrò dopo mezz'ora, solo. Il Bambino tornò da
scuola, non trovò il Cane, pianse. La Donna non riuscì a calmarlo. A sera, sfinito di singhiozzi, s'addormentò. All'Uomo venne lo sguardo vecchio di chi ha perso ogni cosa. Vado a cercarlo, disse. La Donna annuì senza alzare gli occhi. Percorse a piedi ogni strada, per ore, chiamando il Cane. La notte di mezza primavera non rispose. Arrivato al parco chiamò ancora, si lasciò cadere su una panchina. Si prese la testa tra le mani. Rivisse, come ogni istante da sobrio, gli spari, le irruzioni, l'allerta del terrore. L'odore di morte e di esplosivo. Qualcosa di caldo gli bagnò le mani. L'Uomo s'immobilizzò: forse era sangue? Come dopo uno scoppio, quando ti cola addosso ma ancora non sai se è il tuo. Era il naso del Cane. Gli appoggiò il muso in grembo e così, molto a lungo, rimase. L'Uomo sentì una pace da tanto tempo dimenticata. Quando si avviarono, il Cane vigilò su ogni passo dell'Uomo. Al portone di casa protesse la sua entrata. Solo allora trotterellò via, verso il fondo della strada e l'alba della prima luce. L'aria era pregna dell'odore di femmine e di amori. Ogni sua fibra sapeva cosa cercare.
Francesca Melandri, romana, sceneggiatrice e documentarista. Con il suo secondo romanzo, Più alto del mare (Rizzoli), è tra i finalisti del Premio Campiello.
Da: Iodonna – 30 giugno 2012