ECOLOGIA
Colin Beavan ha vissuto un anno nel rispetto più rigoroso dell'ambiente: e l'ha fatto a Manhattan. Ora in un libro, un blog e un documentario, racconta l'equazione - rifiuti + felicità
PAPA' A IMPATTO ZERO
Quattordici tazze da caffè in plastica, due in carta e quattro in polistirene. Diciannove tovagliolini e quattordici borse di carta, posate (mai usate) e tre contenitori di cibo d'asporto di plastica, più quattro d'alluminio e uno in carta rinforzata per le patate fritte. Tre fogli di carta stagnola e due scatole di cartone per l'imballaggio di due lampade. Ci fermiamo qui. Lasciamo incompleto l'inventario dei rifiuti di quattro giorni di vita quotidiana di una famiglia di tre persone a Manhattan: fuori resterebbero i pannolini della bambina e gli alimenti andati a male.
La famiglia in questione è quella di Colin Beavan, scrittore e attivista verde, che, imbarazzato di fronte a questa sua collezione meticolosa e molto anti-ecologica, ha deciso, in un impeto di coerenza personale, di limitare lo spreco, buttando stavolta nella spazzatura un intero stile di vita. Come ha fatto? Lo racconta nel libro (in carta riciclata) No Impact Man, appena uscito negli Usa da Farrar, Straus and Giroux, cronaca dettagliata di un anno vissuto senza creare impatto sul pianeta. "Non è la spazzatura in sé a farmi pensare", scrive l'autore, "ma il fatto di buttare via cose usate per meno di cinque minuti".
Quale strategia adotta ora per salvare la Terra? In sintesi, riduzione radicale dei consumi ed eliminazione drastica dello shopping, eccezion fatta per i prodotti alimentari locali. La fatica è tanta e la conclusione singolare: rinunciando a tutto si è più felici. Il concetto non è inedito, ma il paesaggio circostante lo è, la città dalle mille luci, seppur ridotte per via della recessione: sostituire le candele alle lampadine è stata lì una sfida dura, solitaria e improbabile.
Colin Beavan ci ha provato lo stesso. Ne nascono il libro e una organizzazione no-profit. Viene anche girato un documentario di 90 minuti che ritrae
la trasformazione verde della famiglia giorno dopo giorno, diretto da Laura Gabbert e Justin Schein, poi presentato al Sundance Film Festival.
Il suo blog NolmpactMan.com viene nominato da Time tra i 15 siti ecologici più autorevoli, il New York City's Lo-wer East Side Ecology Center lo incorona Eco-star 2008, l'HuffingtonPost ora sponsorizza le No Impact Weeks, per chi vuole tentare un approccio ecosostenibile alla Terra. Incontriamo Beavan nella libreria Barnes & Noble di Tribeca, Manhattan.
È con la moglie Michelle e la figlioletta Isabella (il cane Frankie è rimasto a casa), coprotagoniste dell'esperimento.
Non solo niente luce elettrica, ma nemmeno ascensore, auto, mezzi pubblici, cibi dei supermercato, televisione, riscaldamento e carta igienica.
Che tipo di felicità ha trovato? «Vorrei chiarire subito che io non predico l'ascetismo e la rinuncia. Semplicemente mi sono chiesto se esaudire certi desideri porti la felicità. Mi riferisco a quello che gli psicologi positivisti chiamano "la ruota edonistica".
Comprare un nuovo cellulare, un televisore, un'altra casa, procura un piacere immediato ma temporaneo. Così, per rinnovare la sensazione di felicità dobbiamo acquistare ancora. La felicità si incontra invece interrompendo questo ciclo. Le relazioni sociali, le aspirazioni personali, la dedizione a una attività, sono la vera soddisfazione».
Come viveva prima? «Come tante persone a New York. Lavorando e consumando. La nostra giornata tipo cominciava svegliando, cambiando e sfamando la nostra bambina. Il consumo di un pannolino e una bottiglia di latte in plastica. Un veloce giro intorno all'isolato per far camminare Frankie, usando un sacchetto di plastica per pulire i suoi bisogni. Colazione al caffè all'angolo (anche lì, carta o plastica). Accompagnare Isabella dalla baby sitter, andare al lavoro producendo le relative emissioni di gas con i mezzi di trasporto. Tornare a casa, farsi recapitare la cena da un ristorante della zona (altre emissioni, carta, plastica). Un'ora di tv (spreco di energia). Un altro giro con Frankie. Non c'era il tempo per fare la spesa, preparare da mangiare e stare insieme a tavola. Da quando abbiamo iniziato l'esperimento, abbiamo imparato a gustarci una cena casalinga, senza l'invadenza del video. Questo è stato uno dei punti a nostro vantaggio e a vantaggio dell'ambiente». Sua moglie come ha vissuto questa esperienza?
«Ha imparato a mangiare sano. Ha smesso di acquistare abiti od oggetti inutili in maniera compulsiva. Ha ritrovato la forma fisica, girando a piedi o in bicicletta e salendo nove piani di scale per arrivare al nostro appartamento, più volte al giorno. Anche il nostro rapporto si è arricchito. Abbiamo trovato le occasioni per stare insieme condividendo un'avventura impegnativa. E mia figlia ci ha aiutati, perché ha affrontato la situazione con la leggerezza di un gioco. Se il regolamento ci imponeva di non usare più la luce elettrica, Isabella si divertiva ad accendere le candele, come se fosse un normale cambiamento. Mi chiamava No Impact Daddy!». Quindi non eravate felici prima? «No, non molto. Gli Usa sono i maggiori responsabili della crisi ambientale e i maggiori consumatori del pianeta. Dovremmo essere il popolo più felice del mondo, invece non è così. A New York siamo tutti infelici, lo lo ero, i miei amici lo erano, o lo sono tuttora. Ero la classica persona che pur di sentire il fresco in casa al ritomo dal lavoro lasciava l'aria condizionata accesa tutta la giornata.
Oggi a chi rivendica la libertà di fare scelte diverse, rispondo chiedendo: ha senso spendere metà dello stipendio per mantenere un'auto? È questa la libertà? Sono convinto che possiamo cambiare le nostre cattive abitudini. È come smettere di fumare». Terminato l'esperimento, quali buone abitudini avete mantenuto? «Continuiamo a non guardare la tv. Il frigorifero funziona di nuovo, non il congelatore. La lavastoviglie si è rotta e non ne abbiamo comprata una nuova. Continuo a usare la bicicletta, ma ho preso qualche taxi, qualche aereo, e viaggio in metropolitana, se piove. Se vogliamo fare una cosa la facciamo.. Per esempio, pur continuando a non mangiare carne, nostra figlia a un certo punto ha annunciato di non voler più essere vegetariana. Le abbiamo dato del tacchino per il giorno del Ringraziamento. Ne ha assaggiato un pezzo, poi ha chiesto del formaggio». Per dire: come viaggia il suo libro per raggiungere le librerie? «Ovviamente è una contraddizione e un problema. Il punto è capire come usare al meglio le risorse anche a costo di qualche compromesso. Credo che far giungere il messaggio del mio libro sia prioritario. Ci tengo però a sottolineare che il volume è fatto al 100% di carta riciclata senza clorina, composta usando energia generata da biogas».
di Francesca Gentile repubblica delle donne 31 ottobre 2009