martedì 2 luglio 2013

Per strada, al supermercato in macchina o dentro casa noi, spiati 24 ore su 24

In questi giorni si discute molto della privacy, del sentirsi spiati ecc. Vero, verissimo. Ma in fin dei conti, se non si vuole vivere isolati nei boschi mangiando bacche, tutti lasciamo una traccia. Se vogliamo fare un qualsiasi contratto ci fanno firmare una clausola per la cosiddetta "privacy" che in pratica serve ad autorizzarli a infrangere la privacy stessa,  a diffondere e trattare i dati per scopi non ben definiti. E qualunque hacker o servizio segreto è capace di entrare in un pc e rubare identità. Cosa fare allora? L'unico sistema è cercare di prendere accorgimenti, con segnalazioni incrociate, in modo da accorgerci  "quasi" subito che ci stanno rubando qualcosa. E in fin dei conti, come si dice alla fine dell'articolo, per il momento i sogni non sono ancora riusciti a rubarceli. Il problema è che con la crisi che potrebbe non avere mai fine, pure quelli ci sembra che qualcuno  ce li abbia rubati. E qui la privacy non c'entra....

Giorgio Gregori 

 

Per strada, al supermercato in macchina o dentro casa noi, spiati 24 ore su 24

MILANO - Attento. Sanno chi sei e dove stai in questo momento, con un approssimazione di 2,5 metri. Sanno soprattutto (e immaginiamo la cosa ti preoccupi) in che ristorante sei stato ieri sera, quanto hai pagato e dove sei andato dopo cena. La tua vita, come quella di tutti i 60 milioni di italiani, è un libro aperto senza segreti. Ci alziamo la mattina, ci laviamo i denti, prendiamo il cappuccino al bar, saliamo sulla metro. E dietro di noi, come un ombra, ci segue implacabile un'invisibile scia elettronica. Un fiume di bit, cifre binarie e immagini che attraverso smartphone, Telepass, carte di credito, occhi elettronici e account Facebook raccontano - ai tanti che sono in grado di leggerli - ogni secondo della nostra esistenza.

Fantascienza? Tutt'altro. "Verax", nome in codice dell'ex agente Cia che ha svelato al mondoi segreti di Prism, il Grande Fratello Usa, ha scoperto l'acqua calda. "Big Data" - il cervellone del web che ogni anno raccoglie 2,8 Zettabyte di mail, documenti e foto - sa già tutto della nostra vita. Senza bisogno di 007 e senza averci chiesto autorizzazioni.Ea dargli tutte le informazioni siamo proprio noi. La prima impronta digitale - nel vero senso della parola - la lasciamo appena svegli quando accendiamo il telefonino. Non importa se abbiamo dormito in casa o in albergo in dolce compagnia. Il geolocalizzatore dello smartphone o del tablet spedisce il segnale al satellite e da lì registra ad uso dei posteri (e dei ficcanaso) la nostra posizione. Wi-fi Slam, un software appena comprato dalla Apple è in grado addirittura di collocarci con precisione millimetrica anche all'interno di un appartamento, disegnandone in pochi minuti la mappa solo seguendoci negli spostamenti.
Noi siamo ancora in pigiama, il nostro alter ego virtuale è già in giro per il mondo. E appena diamo un'occhiata a Facebook o cinguettiamo su Twitter, spalanca un'altra finestra sulla nostra quotidianità. In teoria i dati sono riservati. Ma inutile illudersi: l'anonimato sui social network - assicura Arvind Narayanan della Princeton university - «è algoritmicamente impossibile». Facebook - è scritto nero su bianco nel prospetto di quotazione della società di Mark Zuckerberg - conserva in memoria 111 megabyte di datie foto per ogni utente. E basta un super-cookie, una vecchia iscrizione a un concorso o un abbonamento a un servizio internet cui abbiamo declinato il nostro identikit per darci in pasto al mercato dei dati personali sul web.
Un suk di nomi, siti visitati, profili commerciali, gusti e password che vale già 12,9 miliardi di dollari (stime Idc) l'anno. Senza, ovvio, che a noi venga in tasca niente.
Siamo solo all'inizio della second-life digitale quotidiana. Usciamo di casa, saliamo in macchina e il testimone della scia elettronica passa in mano al Tom-tom o alle nuove "scatole nere" installate dalle assicurazioni sull'auto in cambio di uno sconto del 20-30% sulla polizza (in Italia ce ne sono 1,2 milioni). A bordo siamo soli, ma questi spioni hi-tech ci pedinano passo passo. Registrano a che velocità andiamo, quando siamo fermi in coda (i dati, anonimi, vengono utilizzati dalle varie Isoradio mondiali per segnalare gli ingorghi in tempo reale). E a dar loro man forte ci sono le migliaia di telecamere sistemate in ogni angolo di strada - a Reggio Emilia ce n'è una ogni 650 abitanti - che divorano ed elaborano decine di numeri di targhe e di immagini. Una polizia virtuale nata per monitorare traffico e sicurezza, ma pure un invadente occhio elettronico in grado di individuare in un secondo un volto su 36 milioni di persone, di segnalare comportamenti sospettie- banale effetto collaterale - di registrare minuto per minuto tutti i nostri spostamenti. Ogni lavoratore della City di Londra - ha calcolato "The Guardian" - passa in dieci minuti sotto 300 telecamere, manco fosse il Truman Show. E a breve - ciliegina sulla torta - a completare lo spettacolo arriveranno i video itineranti girati con i Google glass. La traccia digitale alle nostre spalle è precisa come la scia di molliche di pane di Pollicino: lasciamo un'impronta indelebile quando transitiamo al Telepass, sotto i varchi delle zone a traffico limitato e dell'autovelox, quando passiamo la tessera a punti allo scanner della cassa al supermercato. E anche il sancta sanctorum del conto in banca - una volta tempio inviolabile della privacy - è ormai esposto agli sguardi indiscreti del prossimo.
Basta un bonifico, un prelievo al bancomat, un investimento in Bot. Serpico - il cervellone dell'agenzia delle Entrate incaricato di fotografare l'anagrafe dei rapporti finanziari - registra tutto. E una serie di algoritmi segnalano al fisco con tanto di nome e cognome le operazioni incompatibili con la dichiarazione dei redditi.
Altro che 1984. Il Grande Fratello è qui. Ci marca a uomo durante e dopo lo shopping grazie alle etichette intelligenti, quelle con i Rfid, i chip a radio frequenza. Ci insegue la sera al ristorante quando paghiamo con la carta di credito. Ci accompagna verso casa marchiando metro per metro il nostro percorso grazie alle celle cui si aggancia il cellulare. Aiuta a prevenire rapine e terrorismo, per carità, ma ha trasformato la vita quotidiana in una sorta di recita di fronte a un palcoscenico potenziale di sette miliardi di individui. Meglio rimettersi il pigiama, rimboccare le coperte e andare a dormire. I sogni, almeno quelli, non è ancora riuscito a rubarceli nessuno.