domenica 18 novembre 2012

Marco Travaglio – Circonvenzione d'incapace (il PD e la legge elettorale)

 Rimango convinto che un anno fa, nel 2011, caduto ignominiosamente il pseudo governo Berlusconi, la cosa più opportuna sarebbe stata andare a votare subito, anche con il porcellum: il PD avrebbe vinto (più che altro per demerito dello sputtanatissimo avversario), avrebbe avuto il premio di maggioranza che gli avrebbe permesso di governare e decidere anche come cambiare la legge elettorale e farla diventare meno "porcata".

E  invece, un anno dopo, Berlusconi è ancora qui che detta condizioni, il governo Monti è  in caduta libera nei sondaggi, la crisi morderà ancora per chissà quanto, io sarò esodato per ancora chissà quanto, ecc.

Ma è possibile che in Italia, a parte partitucoli di vario genere, si debba essere costretti a scegliere tra il Partito Dei Ladri e il Partito Dei fessi?
Poi ci si meraviglia che Grillo aumenti i consensi...... 

Io a votare ci vado e ci andrò, però.... 

Illuminante questo articolo di Marco Travaglio, tratto da "L'Espresso" del 18 novembre 2012

gg   



Da vent'anni, nella storia delle leggi elettorali c'è sempre qualcuno che parla di "truffa". Ma sarebbe meglio parlare di "cir­convenzione d'incapace". Con il centrodestra nel ruolo di circonventore e il centrosinistra in quello dell'incapace.
Nel 1994 si votò con la legge elettorale volu­ta dal centrosinistra (il Mattarellum, fi­glio sia pur bastardo del referendum uninominale del 1993). Ma il centro e la sinistra, pur avendola scritta, non la ca­pirono: si presentarono divisi - Segni e Martinazzoli da una parte, Occhetto dall'altro - e regalarono la vittoria a Berlusconi, che la legge non l'aveva volu­ta, ma l'aveva capita. Infatti aveva riuni­to la destra in un'alleanza a scartamento variabile: Polo della Libertà (Forza Italia più Lega) al Nord, Polo del Buongoverno (Fi più An) al Centro-Sud.
NEL 1996 PRODI accorpò il centrosini­stra nell'Ulivo e vinse. Ma un anno dopo D'Alema decise che il Professore era un usurpatore: il premier doveva essere il leader del partito-guida, cioè lui. Aprì la Bicamerale per cambiare la Costituzione, resuscitò Berlusconi politicamente mori­bondo e si mise d'impegno per regalare all'Italia l'elezione diretta del premier (roba mai vista, se non in Israele). Il Ca­valiere voleva l'elezione diretta del capo dello Stato (uno a caso: se stesso), ma Max rassicurò i dubbiosi del suo campo: Bossi gli aveva promesso che avrebbe disertato il voto sulla forma di Stato. Risultato: la Lega, che fino ad allora s'era tenuta fuori, rientrò in Bicamerale il 4 giugno, giusto in tempo per votare il presidenzialismo col centrodestra. E fre­gare il centrosinistra. Qualcuno, per esempio "l'Espresso" di Claudio Rinaldi, suggerì al Rommel di Gallipoli di pian­tarla col "dialogo" con Berlusconi, che intanto faceva carne di porco della giusti­zia: insomma, comandava lui anche dall'opposizione. Ma non ci fu nulla da fare. Il 18 giugno D'Alema incontrò se­gretamente sulla terrazza di casa Letta, alla Camilluccia, i padri ricostituenti Berlusconi, Fini, Marini, Tatarella, Nania, Mattarella, Salvi, e siglò il "patto della crostata", davanti al dolce di Mad­dalena Letta: "presidente di garanzia" eletto dal popolo e sistema elettorale a doppio turno di coalizione. Il 30 giugno la Bicamerale ratificò il tutto, ma poi, al momento di approvarlo in Parlamento, Berlusconi fece saltare il banco: ora vole­va il cancellierato e il proporzionale a turno unico. E, siccome sulla giustizia non gli bastava nemmeno la bozza Boato, copiata dal Piano di Rinascita di Gelli, ma pretendeva addirittura l'amnistia su Tan­gentopoli, la Bicamerale fallì.
LA LEGGE ELETTORALE la cambiarono nel dicembre 2005 Pdl, Lega e Udc su ri­chiesta di quest'ultima, a maggioranza, col famigerato Porcellum, mentre fino all'ultimo il centrosinistra (che allora si chiamava comicamente "Unione") pre­dicava il "dialogo", nell'illusione che il Cavaliere non avrebbe osato tanto. L'U­nione vinse di pochissimo le elezioni del 2006, ma nei due anni in cui governò si guardò bene - sempre in nome del "dia­logo" - dal cancellare la porcata.

E siamo così all'altro giorno, quando Bersani scopre improvvisamente di non potersi fidare di Alfano, sulla cui autonomia da Berlusconi ha avuto ampie assicurazioni (da Alfano, ma anche da Berlusconi), e nemmeno di Casini (che dà ormai per alleato acquisito). Del resto i tre vanno d'amore e d'accordo nella maggioranza ABC che sostiene Monti. E poi da mesi il sempre acuto Violante, responsabile ri­forme del Pd, giura che il doppio turno è a portata di mano grazie al "dialogo con il Pdl" che lui sta astutamente tessendo, ma soprattutto all'"apertura di Casini".
Invece - guarda un po' - Pdl, Udc e Lega, gli stessi della Bicamerale, votano un Superporcellum che riserva il premio di maggioranza solo a chi supera il 42,5 per cento dei voti: cioè a nessuno. Così il Pd, anche se vincerà le elezioni, non andrà al governo. Resterà Monti. E Pdl e Udc saranno determinanti con i loro quattro voti. Bersani ci è rimasto davvero male. L'hanno fregato un'altra volta. Chi l'a­vrebbe mai detto.

L'Espresso – 18 novembre 2012