martedì 27 novembre 2012

Il tempo circolare è finito con un click

Cose che non vanno più di moda

Via le manovelle, i dischi telefonici, i rulli dei film: non c'è più niente di rotondo nella nostra vita
di Giacomo Papi

Aveva qualche rotella fuori posto. Girare in tondo lo faceva impazzire. Da bambini lo vedevamo sfrecciare intorno all'isolato su una bici scassata urlando la telecronaca a se stesso: "Eddy Merckx! Eddy Merckx! Eddy Merckx!". E a ogni giro - sempre più veloce, a rotta di collo - immaginava gridando una classica del ciclismo diversa: "È la Milano-Sanremo", "la Parigi-Rubaix", "la Liegi-Bastogne-Liegi", "W il Giro!", "Il Tour!", "La Vuelta!". A quindici anni era già mattissimo. Girare intorno all'isolato era l'unica cosa che riuscisse a calmarlo. Nella ripetività dei circuiti, delle cose che tornano, c'è qualcosa di ipnotico e rassicurante. Altrimenti i criceti sarebbero pazzi a correre tutta la vita nella ruota. Era come vivere in un circolo una volta.

I bambini giocavano cantando a girogirotondo, e ora mi pare che non lo facciano quasi più. Ogni storia si riavvolgeva su se stessa. "C'era una volta un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva: "raccontami una storia". La serva incominciò: C'era una volta un re...".
La concezione, antica di millenni, secondo cui il tempo avanza girando e rotolando era incatenata così saldamente nella testa degli esseri umani da imporre una forma circolare a tutto quanto si svolgesse secondo un prima e un dopo. Per millenni il cerchio è stato il modello di ogni accadere. Una specie di idea fissa, come il fantasma di Eddy Merckx nel cervello del giovane ciclista matto. Per millenni nessun essere umano riuscì a concepire e rappresentare il movimento senza la ruota.
Non erano solo i mesi, i giorni della settimana o le ore a ritornare sempre uguali, non erano solo le filastrocche e i giochi infantili a riavvolgersi su se stessi. Erano proprio gli oggetti a essere progettati e costruiti intorno all'idea che nulla potesse accadere, nessun processo mettersi in moto e concludersi, senza girare.
Fino a pochi decenni fa eravamo circondati da oggetti rotondi. Oggi stanno sparendo.
Fateci caso. Non gira più niente. Erano tondi gli orologi e sferici i mappamondi, tonde le manopole della tv e di ogni altro elettrodomestico.
Per suonare gli organetti o mettere in moto le automobili c'erano manovelle da far girare.
Per comporre un numero telefonico bisognava infilare l'indice in un disco bucato e farlo roteare. Erano tondi i 33, i 45 e i 78 giri in vinile e poi i cd e i dvd perché era inconcepibile che immagini e suoni si producessero senza che qualcosa girasse.
Anche i rulli del cinema erano tondi. Come le "pizze" in cui la pellicola era custodita.
Erano tondi i rullini delle macchine fotografiche e quelli di gomma delle macchine per scrivere. Perfino quando arrivarono le musicassette, stranamente rettangolari, ci si sentì in obbligo di spalancare finestrelle per rassicurarsi sul fatto che, dentro, qualche rotellina rotante comunque ci fosse.
La circonferenza si disintegrò senza avvisare. Accadde, forse, quando si cominciò a pensare che bastasse premere un bottone per provocare qualsiasi evento, anche disintegrare la Terra. Computer e telefonini non hanno più nulla di circolare. Non hanno manovelle, lancette, manopole. Ogni processo parte e si interrompe premendo un tasto o sfiorando uno schermo quasi sempre rettangolari e quadrati. Niente è irreversibile, ma niente più rimane.
Forse la circolarità era un modo di ancorare il mutamento al permanere, l'avanzare alla stasi. Un modo di pensare che la fine di ogni cosa, compresi noi stessi, sia solo la chiusura d'un cerchio. L'inizio di un nuovo giro. La parola rivoluzione significa, in fondo, compimento di un'orbita.


D - La repubblica delle donne 24 nov 2012