La notizia più positiva che ci è stata data nella conferenza stampa di Berlusconi e Tremonti è che la politica non andrà in vacanza questa estate. Sarebbe stata davvero una presa in giro concedere al Parlamento cinque settimane di ferie, di cui una in pellegrinaggio a Gerusalemme, nel mezzo di una crisi cosi grave.
Come notato dall’Economist, se i politici italiani vogliono pregare, possono benissimo andare a San Pietro, con minimo dispendio di tempo.
Avrà molto da lavorare il Parlamento questa estate. Speriamo per varare riforme vere. Non lo sono certo i provvedimenti improvvisati annunciati ieri sera in una conferenza stampa altrettanto improvvisata. Vediamoli uno per uno.
L’unica vera decisione è quella d’anticipare di un anno, al 2013, l’obiettivo del pareggio di bilancio. Sarebbe stato meglio prendere questo impegno per il 2012 dato che l’insieme degli interventi sin qui varati dal governo prevede un aggiustamento molto contenuto per quell’anno e il 2013 è un anno elettorale, gestito a cavallo di due legislature. Ma, certo, è meglio anticipare anche di un solo anno piuttosto che niente. Bene essere consapevoli che non basterà, come preannunciato da Tremonti, semplicemente cambiare la tempistica della manovra appena varata, anticipando i vari provvedimenti di un anno.
Fra questi c’è una norma di salvaguardia capestro: in caso di mancato raggiungimento entro il settembre 2013 di risparmi fino a 20 miliardi nell’ambito della riforma fiscale, si prevede un taglio drastico, lineare, di molte agevolazioni fiscali che oggi vanno a vantaggio soprattutto delle famiglie più povere. Serve ad obbligare il Parlamento a fare una riforma fiscale a saldo positivo per le casse dello Stato. Ma di questa riforma oggi non c’è alcuna traccia.
Anticipando il tutto di un anno, aumenta fortemente il rischio di vedere applicata questa clausola capestro anziché avere una riforma fiscale.
Insomma, nel puntare a raggiungere prima il pareggio bisognava anche introdurre nuove misure, come gli accorpamenti di Comuni e Province di cui tanto si è parlato in queste settimane.
Gli altri tre provvedimenti annunciati ieri sono specchietti per allodole. Speriamo che servano temporaneamente a placare i mercati che ieri ci ritenevano maggiormente a rischio di insolvenza della Spagna.
Due di questi provvedimenti sono riforme costituzionali che richiederanno almeno 9 mesi per essere messe in pratica, un’infinità in questa congiuntura.
La riforma dell’articolo 41 sulla libertà economica è una misura del tutto inutile che rischia di assorbire tempo prezioso e capitale politico che potrebbe essere meglio investito. Il problema del nostro Paese è la mancata crescita delle imprese, mentre i tassi di natalità di nuove unità produttive sono comparabili a quelli degli altri Paesi. Inoltre non si aumenta certo la concorrenza in entrata a colpi di Costituzione. Sarebbe fin troppo facile.
L’inserimento dell’obbligo di bilancio in pareggio nella Costituzione è addirittura una norma sbagliata. Ci può mettere nelle stesse condizioni in cui si è trovato Obama nelle ultime settimane. Supponiamo che il nostro Paese si trovi a fronteggiare un rialzo dei tassi di interesse inaspettato oppure una recessione internazionale dopo aver approvato un bilancio in pareggio. Come potrà essere finanziata questa spesa aggiuntiva senza che il provvedimento venga dichiarato incostituzionale? In ogni caso un governo deve poter anche utilizzare il deficit di bilancio durante le recessioni per ridurne i costi e la durata. Precludersi a priori questa possibilità è un grave errore.
Infine la cosiddetta riforma dello Statuto dei Lavoratori con lo Statuto dei Lavori, che dovrebbe approdare fin dalla prossima settimana al Senato è un oggetto misterioso. Il ministro Sacconi insiste nel dire che ha un progetto compiuto di riforma, il cui testo è sul sito del Ministero. Vi invito tutti a leggerlo e dirmi cosa ne pensate. Si parla di «razionalizzare» e «semplificare » le norme esistenti, «favorendo un incremento della competitività e l’emersione del lavoro nero e irregolare ». Principi nobili, ma senza alcun contenuto. Trattandosi di legge delega si tratta in sostanza della richiesta al Parlamento di firmare un assegno in bianco. Sarebbe questo un progetto di riforma del mercato del lavoro?
La repubblica 06/08/2011