venerdì 1 luglio 2011

Powell - vacanze matte


Come può un articolo di giornale fare ritornare giovani, andando indietro di oltre quarant'anni!
Correvano gli anni intorno al 1967-1968, e a Brescia in Corso Zanardelli c'era una libreria, "la bancarella del libro". Niente a che fare con le moderne Feltrinelli o Mondadori: lo spazio era quello che era, i libri erano appoggiati su tavoli, come alle feste dell'Unità. C'era una commessa gentilissima e appassionata che segnalava quanto stava uscendo nelle neonate collane economiche degli Oscar Mondadori e Garzanti. Vacanze matte era proprio un libretto Garzanti, di quelli incollati con una gialla colla schifosa che poi si sbriciolava, ero diventato bravissimo a restuararli col vinavil.
"Vacanze matte" è veramente da rileggere!
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Torna il romanzo di Powell che racconta le stravaganti avventure di una famiglia americana

RISCOPRITE VACANZE MATTEGRANDE STORIA PER LESTATE

Simpson esistevano già, prima che li inventassero. Si chiamavano i Kwimper, ed erano una versione ancora rozza, poco tecnologica e senza una cultura pop radicata fin nelle viscere casomai soltanto un intuito pop, una specie di istinto. I Kwimper erano dei protosimpson, dei presimpson, degli ursimpson. In pratica, erano lessenza della negazione del sogno ame­ricano. Non la degenerazione, ma proprio la negazione (che è un bel po diverso). Nel senso che sembravano, a voler pescare nel luogo comune riferito al nostro contesto, dei meridio­nali della commedia allitaliana, sempre alla ricerca di assistenzialismo, come se rivolgersi al­lo Stato potesse risolvere ogni problema, qualsiasi malanno. Come se lo Stato fosse una roba tipo i fiori di Bach.
 
I Kwimper sono cinque. In realtà sono molti di più, perché vengono dalla contea di Cran-berry, nel New Jersey dove, così sostengono, vivono in pratica solo Kwimper, tanto che si spo­sano e riproducono tra loro. In realtà sono meno di cinque, quattro per la precisione: perché il quinto membro dellequipaggio è Holly Jo-
nes, babysitter capitata per caso sia nella contea sia nel mestiere, e gioca con la fami­glia così come la famiglia (il padre, il figlio di ventidue anni e i due gemellini) gioca con le opportunità dellassistenza statale.
Ma la contea e tutti gli altri Kwimper sono lontani. Qui si tratta di una vacanza, anzi teo­ricamente si sarebbe trattato di un ritorno dalle vacanze. Kwimper padre aveva deciso di prendersi qualche settimana di riposo in­tanto che rifletteva su una decisione da pren­dere, e cioè se, scaduta lindennità di disoc­cupazione, tornare a lavorare per poi riaver­ne diritto, oppure passare più semplicemen­te al sussidio generale. Intanto che ci pensa, sono andati in vacanza: lui, Toby, i gemellini Eddy e Teddy e la babysitter. E al ritorno, da-
vanti a una strada laterale che sembra (chis­sà perché) una scorciatoia, c’è un cartello che dice: «assolutamente vietato il transito al pubblico »; il vecchio sente di non far parte del pubblico, ma di essere ormai «parte del governo», proprio per il rapporto di collabo­razione continuativa che ha stabilito negli anni. Quindi il cartello non può avercela con lui: svolta per quella strada vietata e decide di percorrerla. È una strada deserta e così lunga che devono fermarsi perché finisce la benzi­na. Si fermano a lato della strada, scendono.
È un posto qualsiasi degli Stati Uniti; sol­tanto che sarebbe un posto dove non si può stare. È sufficiente: da qui comincia il ro­manzo della permanenza e della battaglia per il diritto di restare in quel posto procu­randosi cibo e acqua, smontando pezzi del­lauto per varie utilità, piantando tende, or­ganizzando gare di pesca per guadagnare qualche dollaro e sopravvivere ancora un po(e in più, varie altre peripezie che non vi tol­go il piacere di scoprire).
Perché finiscono sul bordo di questa stra­da è del tutto insensato; il motivo per cui ci ri­mangono, lo è ancora di più. Ma è da questa
insensatezza che nascono i libri comici; e sol­tanto dallinsensatezza si cominciano a ve­dere i frutti della negazione del sogno ameri­cano. Prima di ogni altro passaggio, c’è una specie di legge di Murphy che introduce a questo mondo: soltanto chi è riuscito a non fare niente di niente della propria vita, può permettersi di passare giorni e settimane in qualsiasi luogo della terra. Basta che ne ab­bia voglia. O basta come in questo caso che non trovi giusto essere cacciato via.
Se andate a fare una ricerca sul web, di ap­passionati di Vacanze matte ce ne sono tan­ti; e si lamentano perché non viene ristam­pato. Eccoli accontentati. Parlano di capola­voro, sono appassionati di Toby, del padre, di Holly. Molti sono i giovani che lo hanno trovato nelle librerie dei genitori, e ne parla­no con entusiasmo. In realtà, è un libro leg­gero, con un fondo anarchico che ne è evi­dentemente la parte più seducente. Ma il motivo vitale, mi pare di capire, è proprio un istinto comparativo con certe famiglie ame­ricane che hanno accolto in pieno tutto il peggio che è stato dato loro, e lo ruminano come coccodrilli sul pelo dellacqua, ritiran­dolo fuori impastato di ironia, disincanto e appunto ribellione individuale alle imposi­zioni della vita che ci si aspetterebbe da loro. Così, i Kwimper e la loro guerra da idioti ri­chiamano sia la spensieratezza del roman­zo-passatempo, quello che ti allontana i pensieri pressanti; sia una ribellione sedata, tutta contemporanea, rintracciabile quasi sempre nella provincia americana più lonta­na, lì dove la percezione del mondo globale, comparata alla brevità degli spazi e alla lun­ghezza infinita del tempo, finisce per stona­re, per funzionare molto poco. E allora, que­sta famiglia un po fuori di testa sembra sug­gerire con incoscienza una soluzione piutto­sto antitetica rispetto a Into the Wild, il film di Sean Penn (o il romanzo da cui è tratto, Nelle terre estreme di Jon Krakauer). Una soluzio­ne allegra, un po stupida e con il pregio del­la casualità: non c’è un posto da cercare, non c’è bisogno di un lontano; basta fermarsi sul ciglio della strada e organizzarsi. Da lì, da quello spazio piccolo e qualsiasi, si può pro­vocare un esaurimento nervoso allintera struttura statale.

Francesco Piccolo, repubblica, 1 luglio 2011