lunedì 4 agosto 2008

Dedicato a chi pensa che per una donna felicità faccia rima solo con maternità

lettera al "venerdi di repubblica" 1 agosto 2008


Dedicato a chi pensa che per una donna felicità faccia rima solo con maternità
HO 44 ANNI e non ho mai sentito il bisogno di avere figli. Sono un cuore di pietra? Fin da piccola non mi vedevo nei panni di una mamma, non ho mai avuto un rifiuto netto ma neppure uno slancio, né quello che è stato il mio compagno per 14 anni, che ho amato infinitamente e poi è morto, mi ha fatto sentire che dentro di me c'era «una mamma». Magari fra 10 anni mi pentirò, tra 20 mi dispererò, ma per ora ho una vita bella, piena di amore dato e ricevuto, di interessi, di dolcezze. E quando vedo alcune mie amiche, non tutte per carità, che si barcamenano fra corse figli affanni ansie e confidano che non ce la fanno più, che da quando ci sono i bambini stentano a farsi guardare dal marito, che le rinunce pesano da morire, io penso che sono brave e che io quel talento e quelle forze non li avrei. Sarà che qualche anno fa ho avuto un incidente stradale spaventoso da cui mi sono salvata per miracolo, e mi è parso da allora di aver capito che tendiamo a volere quello che non abbiamo e a pensare che la felicità sia sempre altrove, in un amore, un figlio, in qualcosa da inseguire.
Ora sto con un uomo di 36 anni che vorrà prima o poi dei figli, che per questo motivo andrà via, o forse andrò via io per altri motivi, o magari nessuno andrà via. Si può essere felici con o senza figli, con o senza un compagno bello, innamorato e fedele. Lo so che «con» è meglio, ma vivere aspettando è un'idea che mi mette una gran tristezza. Dice una mia amica che ha tre bambini: «Se non li avessi avuti avrei dei rimpianti, così però rimpiango
quello che non ho più, il bel lavoro di prima, la serenità di leggere libri, andare al cinema, sentirmi ogni tanto spensierata e comunque i rimorsi di non essere una madre capace non me li toglie nessuno, anche se mi impegno loro non sono mai contenti». Manuela* Milano

Commento di Natalia Aspesi
Mi spiace di aver dovuto tagliare la sua bella ma lunga lettera. La penso anch'io come lei: si desidera troppo spesso quello che non si ha, si pensa che è quella privazione a renderci infelici o inquieti, e invece ciò che ci rende infelici e inquieti è dentro di noi e solo noi possiamo liberarcene. Avere o non avere figli non è sempre una scelta, spesso è un caso o una fatalità: non diventare madre può essere sentita come una libertà o una mancanza, ma non è né una fortuna né una tragedia. È la vita. Penso, molto raramente, se sarei stata una buona madre, mi assolvo sempre dicendo che forse sarei stata pessima. Essere madre oggi, non si sa come, è molto più difficile di un tempo, forse perché si vuole tutto, ma non tutto si riesce ad avere. Guardandomi attorno vedo giovani donne che adorano i loro figli, amano il loro lavoro, ma non riescono più, per stanchezza o altro, ad essere le amanti entusiaste del loro compagno: il quale a sua volta difficilmente capisce e si disamora. Tutto l'amore della coppia finisce spesso per riversarsi sul figlio, che diventa un piccolo despota, un bambino iperprotetto cui non si insegna ad affrontare le difficoltà della vita. Capisco chi non se la sente di addossarsi questa responsabilità enorme, anche se poi si vedono donne privilegiate dalla loro natura, che sanno essere madri con leggerezza e dedizione, autorità e allegria e mogli mai stanche e incantevoli. Comunque posso dirle che più passano gli anni, meno si rimpiange dì non aver avuto figli. Si goda la sua serenità e il suo giovanotto che molte mamme felici le invidieranno.