venerdì 2 maggio 2014

Prima di dire "nazista" leggete qui

di Gian Antonio Stella 

Vale per Grillo, che può evitare accuse insulse e infami. E vale per i suoi nemici, che troppe volte hanno abusato con lui di paragoni insulsi e infami.



Improvvisamente, il silen­zio fu rotto dal grido dei bambini (...) un urlo che aumentava di intensità ogni minuto, avvolgendo l'intero campo e ogni singolo prigioniero (...). il giorno successivo gli uomini ci dissero che le SS avevano caricato i bambini nelle carriole e li avevano gettati nelle fosse comuni infuocate. Bambini vivi brucia­rono come torce» (Lucie Adelsberger e Sara Nomberg, Deportazione e memorie femminili di Bruna Bianchi e Adriana Lotto).

«Accanto a me c'era Koch... Lui doveva sparare a un ragazzino, di circa dodici anni. Ci avevano detto chiaramen­te che si doveva tenere la canna del fucile ad almeno quindici centimetri dalla testa; ma evidentemente Koch non lo fece, e mentre ce ne andavamo dal luogo dell'esecuzione, i camerati mi presero in giro perché avevo la manica imbrattata di materia cerebrale del ragazzino. Io chiesi perché ridessero, e Koch, indi­cando la mia manica: "Quella è del mio; ha già smesso di agitarsi". Lo disse con un evidente tono di vanteria...» (Daniel Jonah Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler).

«Nell'estrarre i cadaveri da una camera a gas, improvvisamente uno del Sonderkommando si arrestò, rimase per un istante come fulminato, quindi ripre­se il lavoro con gli altri. Chiesi al kapo che cosa fosse successo: disse che l'ebreo aveva scoperto tra gli altri il cadavere della moglie». (Rudolf Hoss, Comandan­te ad Auschwitz, Einaudi).

«Franz Ziereis, comandante a Mauthausen, abitava in una villetta adiacente al campo, aveva una giovane moglie, la sera giocava con i suoi ragazzi. Quando il maggiore compì 18 anni, fece allineare 40 ebrei e mise una pistola in mano al figlio. Lo incitò a spa­rare, era arrivato il momento di diventare
uomo: "E io abbattei questi 40 detenuti uno dopo l'altro, perché dovevo imparare a tirare su bersagli vivi"». (Silvio Bertoldi, Corriere della Sera, 10 giugno 1979).

«Avevo appena partorito. Mengele mi fasciò il seno perché non allattassi. Voleva vedere quanto poteva resistere un neonato senza nutrimento». (Ruth Eliaz, testimonianza a Vittime e carnefici, di Mauro Longoni).

«Le condizioni di lavoro erano ideali. Il mio compito era di analizzare il materiale umano che ci mandava Mengele: fegati, teste, midollo spinale (...). Oppure iniettare ai prigionieri streptococchi nelle braccia o pus tra le gengive». (Hans Munch, 87 anni, medico, braccio destro di Mengele all'Istituto di igiene di Auschwitz-Birkenau, intervistato da Bruno Schirra per DerSpiegel).

«Ad Auschwitz (..) separarono subito gli uomini dalle donne e dai bambini. Mio padre mi baciò sulla fronte e mi diede la sua benedizio­ne. Fu l'ultima volta che lo vidi. Spari con i miei due fratelli. (...) Quando ci fecero spogliare fu una tragedia. La mamma tremava. Nessuno di noi l'aveva mai vista nuda, si vergognava. Si mise ultima, die­tro di noi, per non essere vista. I tedeschi si accorsero di quel piccolo stratagemma e ghignando ci ordinarono di metterci tutte in fila con le gambe aperte e le mani alzate. Mia madre reprimeva le lacrime. Tutte le donne, braccia alzate e gambe aperte, furono rasate e depilate. (Arian­na Szoreny, IL futuro spezzato/ inazisti contro i bambini, di Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida).

«Un'altra volta vennero le SS mentre eravamo all'appello. Uno di loro aveva un bambino piccolo in braccio, forse di sette, otto mesi. Misero il piccolo in un sacco, il bambino urlò forte, lanciarono il sacco in aria, presero la mira e spararono». (Arianna Szoreny, n futuro spezzato/i nazisti contro i bambini, di Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida).

Ecco: prima di starnazzare accu­sando un avversario di essere un "nazi­sta", nel pollaio politico nostrano, perché non leggono? Vale per Beppe Grillo, che ha un vocabolario così ricco di parolacce, insulti e volgarità da poter evitare almeno accuse così insulse e infami. E vale per i suoi nemici, che troppe volte hanno abusato con lui degli stessi paragoni insulsi e infami. Perché non leggono, prima di sparare certi paragoni? Perché non leggono?

Gian Antonio Stella – Sette (Corriere della Sera) 25 aprile 2014