lunedì 17 settembre 2012

LE RELIGIONI COME MANDANTI DELLA STRAGE DI ELEFANTI

NATIONAL GEOGRAPHIC di CORRADO ZUNINO

Traffico d'avorio e multinazionale del culto
Lo sterminio degli elefanti continua

"Sangue e avorio" è il titolo della copertina del numero di ottobre della rivista. Un'inchiesta di Bryan Christy, giornalista americano, che spiega come una porzione sensibile del traffico legale e illegale di "oro bianco" serva a sostenere la devozione religiosa. Croci copte, rosari islamici, icone cattoliche, amuleti buddhisti vengono ricavati dall'asportazione cruenta delle zanne dei mammiferi

ROMA - In un viaggio lungo oltre due anni, iniziato nell'Africa occidentale e chiuso nel Sud Est asiatico facendo tappa fra le lussuose botteghe della Città del Vaticano, il giornalista americano Bryan Christy, 47 anni, già avvocato a Washington, specializzato in storie ambientali, ha certificato come dietro il genocidio degli elefanti africani - 25 mila uccisi, è la stima prudente per il 2011 - ci sia la mano pesante della Chiesa romana e una sorprendente unione religiosa fra manodopera musulmana, importatori cattolici d'avorio, venditori al minuto buddisti. "Business is business", fa sapere il reporter dalla sede di Washington del National Geographic, "e questo me lo ha spiegato un prete filippino".

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"Sangue e avorio" è la copertina del National Geographic di ottobre, sia nella versione nazionale che in quella internazionale. È un'inchiesta lunga 32 pagine dove le belle foto di Brent Stirton illustrano una storia che spiega come una porzione sensibile del traffico legale e illegale serva a sostenere la devozione religiosa, soprattutto cristiana. "Il mondo moderno ha fatto a meno dell'avorio nei suoi oggetti di uso comune, i manici delle spazzole, le palle da biliardo e i tasti del pianoforte non sono più realizzati con materiale ricavato dalle zanne degli elefanti. Resta invece ampio il mercato religioso".

Croci copte, rosari islamici, icone cattoliche, amuleti buddhisti vengono ricavati dallo sterminio di migliaia di elefanti e dall'asportazione cruenta delle loro zanne, valutate fino a cinquemila euro l'una (dieci anni di paga di un operaio keniano, questo nella regione dello Tsavo). Dall'Africa, l'avorio insanguinato transita nelle Filippine per raggiungere la Thailandia, Hong Kong, la Cina, il nuovo grossista mondiale che tiene alti i prezzi e importa illegalmente. "In Cina l'industria dell'avorio è destinata a crescere", dice il giornalista americano, "il governo ha autorizzato l'apertura di almeno 35 fabbriche e 130 rivendite d'avorio e finanzia corsi universitari per intagliatori". Il numero degli elefanti uccisi, di conseguenza, è destinato ad aumentare.

Monsignor Cristobal Garcia è uno dei prelati più conosciuti e potenti delle Filippine. È il presidente della Commissione per il culto dell'Archidiocesi di Cebu, quattro milioni di fedeli in un paese che è il terzo al mondo per popolazione cattolica. La sua anticamera è un piccolo museo con grandi teche di vetro che contengono sculture sacre dalla testa e le mani d'avorio. Anche nel suo ufficio c'è un crocefisso con il Cristo in avorio. Monsignor Garcia al giornalista Christy ha spiegato senza problemi come portare un Niño Santo d'avorio dalle Filippine agli Stati Uniti ingannando le dogane:
"Lo avvolga in un paio di vecchie mutande sporche e ci versi su anche del ketchup. Sembreranno macchiate di merda e di sangue. Si fa così". Racconta Christy: "Il monsignore mi indicò un artigiano disposto a dichiarare che quel pezzo si trattasse di un'imitazione, capace di contraffare la data in modo che risultasse precedente alla messa al bando dell'avorio. Qualsiasi cosa io avessi scelto di fare, mi promise che avrebbe benedetto la statua".

L'avorio resta un componente essenziale degli oggetti sacri "e ha una forte valenza simbolica anche in politica". Christy ricorda come l'anno scorso il presidente del Libano Michel Suleiman abbia regalato a Papa Benedetto XVI un turibolo d'oro e d'avorio. Nel 2007 la presidente delle Filippine, Gloria Macapagal Arroyo, aveva donato a Ratzinger un Santo Niño d'avorio, l'icona delle Filippine. Nel Natale del 1987 il presidente Ronald Reagan e sua moglie Nancy acquistarono la Madonna d'avorio che avevano ricevuto come dono di Stato da Giovanni Paolo II. Persino Daniel arap Moi, il presidente del Kenya considerato il padre dell'accordo sul divieto del commercio di avorio, una volta regalò a Papa Giovanni Paolo II una zanna di elefante. Ecco, nella Galleria Savelli affacciata su piazza San Pietro l'avorio è offerto in ogni vetrina. E lo Stato del Vaticano, che pure ha sottoscritto accordi internazionali contro il traffico di droga, il terrorismo e la criminalità organizzata, mai ha firmato la Convenzione di Washington che protegge le specie in pericolo (è stata sottoscritta da 176 stati).

"A proposito della vendita di avorio nella Città del Vaticano", dice Christy, "credo che la cosa più importante non sia se le opere siano legali o illegali, ma piuttosto chiedersi se venderlo è cosa giusta. Ormai è accertato, per avere quell'avorio si uccidono in maniera brutale elefanti, si uccidono i rangers che devono proteggerli, si alimenta una corruzione mondiale". E così gli scambi di doni tra capi di Stato, "sono un messaggio sbagliato, dicono al popolo che l'avorio è un mezzo appropriato per esprimere la loro devozione". Ecco, "i leader della chiesa cattolica hanno un'opportunità straordinaria per fare la differenza per la sopravvivenza degli elefanti. A loro bastano poche parole: basta con le icone religiose in avorio".
14 settembre 2012