martedì 4 settembre 2012

Beppe Grillo e l'Uomo Qualunque

E' incredibile quello che si riesce a trovare, quando si svuotano le cantine...
Trent'anni fa, in edicola vennero distribuiti una serie di fascicoli  collegati alla trasmissione RAI "30 anni della nostra storia", con allegate audiocassette a cura Di Paolo Frajese. Nel numero dedicato al 1946 si parla del movimento dell'"uomo qualunque". Le analogie con il movimento di Beppe Grillo sono impressionanti.


Rimane il fatto che però certi "movimenti" hanno la possibilità di svilupparsi in gran parte per il demerito dei loro concorrenti.
Il movimento di Grillo ha però caratteristiche particolari.
E' da una ventina d'anni che tutti seguiamo con simpatia gli spettacoli del comico, che è in pratica l'unico "politico" italiano che si fa lautamente pagare per fare assistere ad un proprio comizio. 
E da vent'anni Grillo, intelligentemente, denuncia, si informa, propone; quando ha uno spettacolo in una città, si informa dei problemi locali, e li usa, anche molto demagogicamente, inserendoli nello spettacolo di turno.
Gli articoli sul blog di Grillo, a parte certi rari deliri, sono molto interessanti. Ogni post ha anche la "lettura consigliata" per approfondire.

Ma alla fine, un "movimento" si troverà a dover governare. Le denunce non bastano, ci vuole esperienza politica che metta in pratica i programmi. 
E qui viene il problema:  C'è chi ha il pane e non ha i denti, c'è chi ha i denti e non ha il pane.

Ovvero: Il programma, il movimento 5 stelle ce l'ha, chiaro, dettagliato, condivisibile o meno, disponibile a tutti da tempo.
basta scaricarlo da: http://www.beppegrillo.it/movimento/
Il problema è.....metterlo in pratica (vedi Parma, ad esempio).

Il Partito Democratico invece sta demonizzando Grillo perchè sente che gli sta togliendo elettorato. 
Sono convinto che il PD sia composto in grandissima parte da gente onesta e volonterosa, ma....mi spiegate come può un D'Alema o un Bersani convincere l'elettorato, quando il programma del PD è quello zuppone pubblicato su: 
http://www.partitodemocratico.it/speciale/cartadintenti/home.htm
dove le scarse proposte concrete  non sono manco evidenziate? 

Forse a certa gente del PD è utile la ricetta del Druido:
In una pentola di rame versare un mestolo di svegliarina, estratto di coda di volpe, un cucchiaio di polvere di corna di toro, un pizzico di aggressività di pantera nera, spicchi di altruismo. Portare ad ebollizione, lasciarlo addensare e spalmare il tutto su spesse fette di cuore.
Chi avesse difficoltà nel trovare gli ingredienti, (in particolare la polvere svegliarina) può rivolgersi all'erboristeria "Folletto Grianfry"


 GG
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“Abbasso tutti!"

C'è uno strano simbolo tra i tanti che riempiono le schede elettorali delle amministrative, nella primavera del 1946. Un torchio che schiaccia uno striminzito personaggio. Che cosa signifi­ca? È la classe politica che stritola la povera gente, i piccoli borghesi, i travet, insomma gli uomini qualunque. Fronte dell'Uomo Qualunque è infatti la denomi­nazione della lista. E L'Uomo qualunque è il titolo del periodico che ha dato origine al partito.
Fondatore del Fronte e del settimanale è Guglielmo Giannini. Alto, grosso, i radi capelli grigio-biondi, il monocolo, l'eter­no doppiopetto, Giannini è un napoletano che ha da poco passato la cinquantina. Negli anni del fascismo non è mai sem­brato incline agli slanci politici. Ha scritto commedie "gialle" di un certo successo {Mani in alto, Il tredicesimo furfante, Il sole a scacchi) e ha firmato con uno pseu­donimo, Zorro, canzoni popolari, come Maruska, Shangai Lil, Rosa di Malaga. Per la politica, anzi, diffidenza. Diventata odio, nel 1942, quando è colpito da una sciagura: un figlio di vent'anni morto in guerra.
Bisogna distruggere, ripete, «il mito del capo, dell'uomo prov­videnziale» che opprime la folla anonima e la manda a morire in guerra per soddi­sfare le proprie ambizioni.
Poi non è soltanto il capo, ma tutta la classe politica, che Giannini detesta. Di ogni colore. «In presenza delle enormità antifasciste sono diventato anti-antifasci-sta», dice. Vorrebbe gridare queste sue idee da qualche giornale, ma non c'è un direttore che gli conceda una riga. Così Giannini decide di gettarsi nell'avventura di pubblicare in proprio un giornale. Che esce il 27 dicembre 1944. Costa 5 lire a Roma. 6 fuori città. Ha una carta giallina, scadente. Si chiama L'Uomo qualunque. In prima pagina, una vignetta: un tale che scrive su un muro già ingombro di manifesti: «Abbasso tutti». C'è anche un'autobiografia minima di Giannini. Ti­tolo: «Io». Finale: «Io sono quello che non crede più a niente e a nessuno».
Giannini spiega la sua filosofia: «L'uomo qualunque, che sta pagando da seimila anni le colpe e gli errori dei suoi Capi, diffida di tutti i Capi, passati, presenti e futuri. E stato trascinato, contro la sua volontà, in guerre inutili e stupide, in agi­tazioni sociali animose e improduttive: e tutto solo per l'idiozia, l'egoismo, l'arrivi­smo dei Capi, Sottocapi e Aspiranti capi in lotta fra loro per decidere chi dovesse tosare il gregge e vendersi la lana. La grande vittima oggi esige che la politica cessi d'essere una professione».
Ci voglio­no strade, mezzi di trasporto, viveri, una moneta modesta ma seria, una polizia ri­spettabile... Ma per far questo non occor­rono «né il pio Togliatti né l'accorto De Gasperi». Basta «un buon ragioniere, che entri in carica il primo gennaio, che se ne vada il 31 dicembre, che non sia rieleggi­bile per nessuna ragione».
Del primo numero dell'Uomo  qualunque vengono distribuite 25 000 copie: subito vendute. Con le ristampe si arriva alle 80 000. E con il passare dei mesi le copie si stabilizzano a 800 000. La rubrica più letta è intitolata "Le ve­spe". È scritta da Giannini, come del resto quasi tutto il giornale, con un umo­rismo rozzo, volgare, spesso giocato sulla storpiatura dei nomi (Calamandrei di­venta Caccamandrei, Ferruccio Parri è Fessuccio Parmi). Un umorismo brutale esercitato soprattutto contro gli uomini e le idee della Resistenza (il «vento del nord», ossia la spinta a un rinnovamento morale, prima che politico, venuta dalla vittoria della Resistenza, è chiamata «rut­to del nord»).
Ma è un umorismo che fa presa sulle mas­se più sprovvedute, sugli scontenti, che sono milioni nel clima difficile del dopo-guerra.
Fa presa su chi è stato epurato e su chi tema di esserlo. «Vogliamo un go­verno che non ci rompa i corbelli», grida Giannini.
Inevitabile conclusione: per un governo così non ci si può fidare dei partiti esi­stenti. Ne occorre uno nuovo, "diverso": Il Fronte. Primo congresso, 16 febbraio 1946. Amministrative di primavera: maggioranza in 23 comuni, 1 200 candi­dati eletti. Politiche del 2 giugno: 1 210 000 voti, 30 deputati.
Ma già dal 1947 comincia il declino. Ra­pidissimo.
De Gasperi ha estromesso i co­munisti dal governo, Scelba impone, an­che con metodi duri, l'ordine pubblico, Einaudi avvia una politica di robusta di­fesa della lira.
I ceti della piccola e media borghesia sanno dove trovare la "diga" più sicura alle loro paure. E gli ex fascisti dispongono, adesso, di un loro Movimen­to, privo delle ambiguità dell'Uomo Qua­lunque. Le elezioni del 18 aprile 1948 segneranno il crollo del Fronte: neppure Giannini risulterà tra gli eletti.
(Bruno Rossi)

Da: “30 anni della nostra storia” - 1946 edizioni ERI (Edizioni RAI) – Gruppo Editoriale Fabbri  - 1983


http://www.partitodemocratico.it/speciale/cartadintenti/home.htm

http://www.beppegrillo.it/movimento/