lunedì 13 settembre 2010
Nuovo nucleare al palo costi, concorrenza e crisi
ROMA - Il "Rinascimento" nucleare segna il passo. Sembra così lontano il biennio 2007-08 quando Stati Uniti, Inghilterra e Italia decisero di costruire nuovi impianti dopo più di vent' anni di moratoria.
Aggiunti agli ordini di Paesi a lunga tradizione nel settore (Francia, Giappone e Corea) e alle economie emergenti (Cina, Brasile e persino gli Emirati arabi) annunciavano una cascata di nuovi impianti, quelli della terza generazione, più grandi e più efficienti.
Il primo bilancio dice: tanti studi, diversi miliardi di soldi pubblici stanziati, qualche promessa mancata e zero Kwh prodotti.
I tempi del settore si misurano in decenni, ma tutte le forze che spingevano verso il nucleare solo tre anni fa, si sono affievolite.
La recessione ha ridotto i consumi elettrici e i target di crescita futura sono stati spostati di almeno 5 anni (e in Italia non si tornerà alla domanda del 2008 prima del 2014).
Nel frattempo le materie prime concorrenti hanno migliorato i propri rendimenti: il prezzo del petrolio è ormai stabile nel canale 70-90 dollari da due anni. Se si depura il prezzo del barile dall' inflazione si scopre che siamo agli stessi livelli che hanno messo le nuove installazioni nucleari fuori mercato sin dalla metà degli anni ' 80. Il gas naturale ha fatto ancora meglio visto che, specie negli Stati Uniti, grazie ai nuovi ritrovamenti di "shale gas" i prezzi sono crollati. Non altrettanto si può dire dell' uranio arricchito, quello utilizzato dalle centrali in funzione. Gli ultimi dati sul consumo negli Usa (valgono il 30% del totale mondiale) mostrano come in cinque anni la richiesta si è ridotta mentre il prezzo è triplicato (da 15 a 45 dollari l' oncia) senza ripiegare per effetto della recessione.
Poi ci sono le energie rinnovabili, le uniche a poter sfruttare con il nucleare il sistema dei prezzi che penalizza chi produce anidride carbonica.
Ha creato molto stupore uno studio del professor John Blackburn della Duke University che individua proprio nel 2010 l' anno in cui il singolo Kwh prodotto da un pannello solare costa quanto quello prodotto dal nucleare.
Per quanto sia uno studio di parte (commissionato da un' associazione ambientalista del Nord Carolina contraria alle nuove centrali nello Stato), e i livelli di produzione delle due tecnologie non siano paragonabili, Blackburn ha colto un trend innegabile dai dati empirici: il solare continua a veder crollare i propri costi mentre il nucleare li vede crescere senza fine. Il caso più eclatante è l' Epr di Areva (il modello che Enel vuol portare in Italia), punta di diamante della terza generazione dei reattori.
I tre cantieri aperti in Francia, in Finlandia, Cina sforano budgete tempi: dovevano costare 4 miliardi l' uno e si viaggia già oltre i cinque. Una commissione speciale del governo francese, che puntava sull' Epr per far crescere le proprie esportazioni, ha ammesso gli errori e prepara una grande rivoluzione.
Rimane il fatto che nessuno al momento sa con certezza quanto costa una centrale di nuova generazione. I paesi più pragmatici come Svezia o recentemente la Germania hanno deciso di allungare la vita degli impianti esistenti, il cosiddetto "vecchio nucleare", ma si guardano bene da lanciare nuovi investimenti. I giganti elettrici per avviare i cantieri chiedono garanzie ai governi. In Inghilterra, dove la svolta nucleare è sopravvissuta con qualche patema al cambio di maggioranza tra laburisti e conservatori, si pensa a prezzi fissioa una tassaa favore del nucleare.
In Italia gli imprenditori sperano nell' inedito sostegno di Giulio Tremonti. Ancora ieri il ministro dell' Economia ha riconosciuto la necessità: «Dobbiamo fare il nucleare. Non possiamo andare avanti con i mulini a vento». Oltrea chiedere di riavviare ciò che la caduta di Scajola ha bloccato, Tremonti riceverà dal fronte nuclearista la richiesta di garantire prezzi fissi per l' elettricità prodotta (forse) tra un decennio dalle centrali. -
LUCA IEZZI Repubblica — 12 settembre 2010 pagina 27 sezione: ECONOMIA