In silenzio, la società Stretto di Messina
ha aumentato di oltre un miliardo (il 28 per cento
in più) il compenso previsto per il consorzio guidato da Impregilo.
Risultato? Le penali da pagare all'impresa se l'opera non si farà
saranno più alte.
E per ora, dopo la posa della prima pietra, la seconda non l'ha mai
messa nessuno
Messina. Vinci un superappalto e cinque anni dopo ti ritrovi con un contratto nuovo. Ancora più «super».
Che il Ponte sullo Stretto sia un'opera dal costo faraonico è noto.
Ciò che ancora non si sa è che Eurolink, il consorzio con capofila Impregilo che dovrà unire Scilla e Cariddi, s'è visto riconoscere a settembre dalla società Stretto di Messina una maggiorazione sul compenso altrettanto faraonica: un miliardo e 90 milioni in più rispetto al corrispettivo pattuito nel 2005. Che è lievitato da quasi 4 miliardi di euro (3.879.600, per l'esattezza) a 4.969.530. E tutto questo senza aver mosso una pietra.
Con l'effetto non solo di annullare il ribasso del 12% con cui il cartello di imprese - che comprende anche Condotte, Cmc, la spagnola Sacyr e la giapponese IsWga-wa - si era aggiudicata la gara, ma addirittura di accrescere il compenso in misura più che doppia rispetto allo stesso ribasso.
Il nuovo corrispettivo è fissato nella relazione di aggiornamento del piano finanziario dell'opera, firmato dall'amministratore delegato della Stretto di Messina e presidente dell'Anas Piero Ciucci e inviato per conoscenza al governo. Nella relazione, Ciucci sdogana la maggiorazione con la necessità di adeguare il valore di base definito con la gara alla dinamica dei prezzi e dei costi intervenuta e prevista tra il 2002 (chiusura del progetto preliminare) e il 2011, data presunta dell'approvazione del progetto definitivo. Che, è bene ricordare, non c'è ancora. Nel documento, non mancano i punti che lasciano perplesso più di un economista.
A partire da Guido Signorino, ordinario di Economia applicata all'Università di Messina e membro del Centro studi per l'area dello Stretto Fortunata Pellizzeri. Che osserva: «In poco tempo, mentre non si è mossa una ruspa, la commessa è lievitata del 28%, anche se, nello stesso periodo, la dinamica dei prezzi ha raggiunto record secolari di stabilità». Che cosa hanno fatto, invece, alla Stretto di Messina? Un esempio utile è quello dell'acciaio: l'accordo giustifica l'aumento del corrispettivo citando anche «l'eccezionale aumento dei prezzi registrato tra il 2003 e il 2004» e l'andamento dell'inflazione intervenuta e attesa nel periodo 2002-2011.
Curioso che la valutazione dei prezzi si proietti al 2011, mentre quella dei costi si fermi al 2004.
Se la Stretto di Messina avesse considerato l'andamento del costo dell'acciaio fino al 2009, avrebbe scoperto che questo è calato di molto, e che le stime del trend di domanda e offerta fino al 2011 dovrebbero far prevedere un assestamento su un valore molto più basso di quello del 2004.
Le perplessità, però, non finiscono qui. Stranamente, il corrispettivo dei lavori cresce di oltre un miliardo, mentre la stima del valore finale dell'opera - che include gli oneri finanziari - aumenta di soli 200 milioni, passando da 6,1 a 6,3 miliardi. Insomma, se da un lato è aumentata del 28% la somma da versare all'impresa, dall'altro il valore stimato del Ponte è cresciuto solo del 3,3. Una contraddizione che si può spiegare così: aumentare il valore dell'opera oltre i 6,3 miliardi avrebbe significato esporsi alle critiche di chi sostiene già adesso che l'investimento è troppo costoso e non remunerativo. Resta poi da spiegare per quale motivo in questi anni la Stretto di Messina non abbia ridotto il valore finale dell'opera, proporzionandolo al ribasso offerto dalla cordata vincitrice. La Corte dei Conti informa, infatti, che nel 2008 la società indicava ancora un costo finale pari a circa 6 miliardi, quando il ribasso offerto da Impregilo avrebbe dovuto far scendere il valore attorno ai 5 e mezzo. Secondo Signorino, questa scelta potrebbe significare che il ribasso col quale il consorzio ha vinto la gara era eccessivo: «Stretto di Messina ha tenuto invariata la stima del costo finale dell'opera, quando avrebbe fatto meglio a rifiutare l'offerta». In proposito, è il caso di ricordare che l'appalto fu impugnato al Tar da Astaldi, che aveva partecipato alla gara, e che il suo presidente Vittorio Di Paola dichiarò come «sul maxi ribasso di Impregilo» bisognasse riflettere. Ma il ricorso non andò avanti, perché il governo Prodi dichiarò il Ponte opera non più prioritaria, facendo venir meno l'oggetto del contendere.
Un altro aspetto da ricordare è che per anni si è paventato di dover pagare a Eurolink penali pesantissime nel caso in cui l'opera fosse stata fermata dal governo senza mai arrivare al progetto definitivo. In realtà, afferma Ciucci, al consorzio non sarebbero dovute penali qualora venisse intimato l'alt anche dopo aver ricevuto il progetto definitivo e quello esecutivo: le penali sono invece dovute se lo stop avvenisse anche un solo giorno dopo l'inizio dei lavori.
E qui si apre un'altra questione. Per il governo, i lavori del Ponte sono ufficialmente iniziati il 23 dicembre, con la prima pietra del progetto di spostamento di un binario nella frazione Cannitello di Villa San Giovanni. Si tratta di un'opera che avrebbero dovuto eseguire le Ferrovie e che, invece, il Cipe ha dichiarato a luglio di competenza della Stretto di Messina, «calandola» nel progetto Ponte. Il 23 dicembre le ruspe hanno iniziato a lavorare, fermandosi subito dopo per la pausa natalizia. Da allora il cantiere non è avanzato. Né poteva essere altrimenti, visto che dell'opera non esiste il progetto definitivo né la relativa variante urbanistica è mai stata approvata. Anzi, la Regione Calabria ha fatto ricorso al Tar e alla Corte costituzionale, lamentando di non essere stata sentita prima che il Cipe classificasse l'opera come preliminare al Ponte (al quale la giunta calabrese di centrosinistra si oppone).
Ma c'è di più: il terreno su cui le ruspe hanno lavorato per qualche giorno non è ancora stato espropriato, come confermano i proprietari. Eppure, su questo bluff Eurolink potrebbe fondare la futura pretesa di penali. Calcolate sul nuovo corrispettivo astronomico.
Paolo Casicci
Il Venerdi di repubblica 12 febbraio 2010