giovedì 7 gennaio 2010

addio, beniamino placido


Una decina di anni fa, mi trovai a pensare:"se volessi essere qualcun altro, chi vorrei essere?"
Sono passate davanti agli occhi molte persone, musicisti, attori, registi......e alla fine, la mia risposta è stata: Beniamino Placido.
La sua grande cultura e curiosità, trattata con grazia e leggerezza, la sua capacità di fare sintesi di letture plurilingue......fantastico Beniamino, ho avuto alcune volte la tentazione di scriverti...poi sei scomparso, ora ho saputo il perchè, della tua grave malattia.
Se ne è andato un altro grande, spero che raccolgano in un volume i suoi articoli.
in allegato due poesie che amava.



L' ULTIMO SALUTO A BENIAMINO PLACIDO

CAMBRIDGE - I familiari e gli amici di Beniamino Placido hanno salutato ieri lo scrittore, intellettuale e giornalista di Repubblica scomparso il 6 gennaio all' età di 80 anni. È stata una cerimonia intimae privata, secondo lo stilee la volontà di Beniamino, nel Crematorium della città universitaria inglese, dove Placido si era trasferito alcuni mesi fa per stare vicino alla figlia Barbara e ai nipoti, dopo la lunga malattia che lo aveva colpito. Sarà seguita, il 5 febbraio, a Roma, da una commemorazione pubblica, in cui colleghi e amici ricorderanno una delle figure più importanti del giornalismo e della vita intellettuale italiana. L' addio che la famiglia gli ha dato ieri a Cambridge è stato il prologo, nello spirito appassionato e critico, profondo e leggero, che ha caratterizzato l' opera di Placido. Alla presenza della madre di Barbara, la scrittrice Nadia Fusini, dell' amico, poeta e collega di Repubblica Franco Marcoaldi, di parenti e amici che hanno condivisoi suoi molteplici interessi, sono stati letti brani di lettere di Beniamino e ricordati la sua ironia, la sua dolcezza, la sua vivacissima intelligenza. La figlia Barbara ha letto una lettera in cui Placido le parlava della sua infanzia a Rionero in Vulture, in Basilicata, e la sua militanza nel Partito d' azione, attraverso una favoletta il cui messaggio era che gli uomini devono, possono «provare a volare», pur sapendo che ci sono le leggi di gravità. Il genero Robert, italianista alla Cambridge University, ha letto una poesia che Beniamino amava, Digging, di Seamus Heaney. Un' amica di famiglia ne ha letta un' altra, che Placido teneva appesa al muro della sua casa di Orbetello: I giusti, di Borges. E alla fine Barbara ha rivelato un piccolo «segreto»: gli studi di ebraico che Beniamino faceva da autodidatta all' Università Gregoriana di Roma, raccontando la sua interpretazione di una frase del Talmud in cui Dio forse dice «io sono» e forse «ci sono». Canzoni di Tenco e Vanoni hanno accompagnato la cerimonia, conclusa da un brano particolarmente caro a Beniamino e alla figlia: «My heart belongs to daddy», cantata da Marilyn Monroe. - ENRICO FRANCESCHINI

Digging




Between my finger and my thumb
The squat pen rests; as snug as a gun.

Under my window a clean rasping sound
When the spade sinks into gravelly ground:
My father, digging. I look down

Till his straining rump among the flowerbeds
Bends low, comes up twenty years away
Stooping in rhythm through potato drills
Where he was digging.

The coarse boot nestled on the lug, the shaft
Against the inside knee was levered firmly.
He rooted out tall tops, buried the bright edge deep
To scatter new potatoes that we picked
Loving their cool hardness in our hands.

By God, the old man could handle a spade,
Just like his old man.

My grandfather could cut more turf in a day
Than any other man on Toner's bog.
Once I carried him milk in a bottle
Corked sloppily with paper. He straightened up
To drink it, then fell to right away
Nicking and slicing neatly, heaving sods
Over his shoulder, digging down and down
For the good turf. Digging.

The cold smell of potato mold, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge
Through living roots awaken in my head.
But I've no spade to follow men like them.

Between my finger and my thumb
The squat pen rests.
I'll dig with it.

Seamus Heaney


I GIUSTI di Jorge Luis Borges

Jorge Luis Borges
"La cifra"
traduzione dallo spagnolo
di Domenico Porzio
collana Lo Specchio
editore Mondadori
1982

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.