sabato 5 aprile 2014

Dai santi ai banchieri, il nostro Medioevo narrato da Le Goff

Dai santi ai banchieri, il nostro Medioevo narrato da Le Goff


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Lo storico francese è morto ieri a Parigi. Aveva 90 anni. È stato il rifondatore degli studi sui secoli XII e XIII.

di Agostino Paravicini Bagliani, da Repubblica, 2 aprile 2014


Come nessun altro storico, Jacques Le Goff, morto ieri a Parigi a 90 anni, ha modificato la nostra percezione del Medioevo e come pochi altri storici la sua opera nasce dal desiderio di innovare con sempre nuove domande e nuovi temi, allargando il «territorio dello storico» alla luce della Nouvelle histoire e, grazie a una straordinaria abilità nel comunicare con un pubblico vasto, con la parola oltre che con la scrittura. Nei suoi radiofonici Lundis de l’histoire presentò per decenni (dal 1968 in poi) i nuovi libri di storia discutendo con gli autori, sovente anche giovani. E dal suo Seminario parigino (1962-1992) lanciò temi (come la storia del riso, I riti, il tempo, il riso, 2001) che si imposero presto, anche perché accoglievano le scienze sociali (antropologia culturale, etnografia) e la storia delle immagini, allora agli inizi.

Nato a Toulon nel 1924 - suo padre, bretone, era professore di inglese e sua madre, insegnante di pianoforte -, vince nel luglio 1945 il concorso per entrare alla École Normale Supérieure. Nel 1953 è ospite a Roma della Scuola francese di Palazzo Farnese, dove inizia una tesi di dottorato sulle università medievali (che si trasformerà in una tesi sul lavoro nel Medioevo, soprattutto intellettuale). Al suo ritorno in Francia, Michel Mollat lo vuole come assistente all’università di Amiens. Nell’autunno 1959, Maurice Lombard, studioso di storia economica del mondo islamico, che Le Goff ha ammirato alla pari di Marc Bloch, lo chiama ad insegnare all’allora nascente VIe Section dell’École Pratique des Hautes Études.

Inviato più volte da Braudel a Varsavia per insegnare nell’ambito di una convenzione con quell’università, incontra e poi sposa (1961) una giovane dottoressa polacca specializzata in psichiatria infantile, Hanka, che gli darà due figli e alla cui memoria dedicherà un affettuosissimo libro di ricordi (Avec Hanka, 2008). Più tardi, nel 1968, sempre a Varsavia, assisterà alle repressioni di Gomulka e alla rottura del suo amico Bronislaw Geremek con il partito comunista.

Fin dai suoi primi due libri, sui mercanti e i banchieri (1956) e gli intellettuali (1957), poi con la sua prima grande sintesi, La civiltà dell’Occidente medievale( 1964), forse la sua opera più originale, Le Goff riesce ad imporre il suo modo di intendere il Medioevo: studiarne le strutture fondamentali - la foresta, la città e così via - incrociando i vari contesti sociali con l’immaginario e il simbolico e con l’analisi di gruppi sociali visti quali figure tipologiche della società. Non la storia dei monaci ma il monaco. Non i mercanti ma il mercante, che nel Medioevo è sempre un po’ usuraio, a causa della condanna dell’usura da parte della Chiesa (La borsa o la vita, dall’usuraio al banchiere, 2003). La ricchezza nel Medioevo non è soltanto di questo mondo, anche se il ruolo del denaro non fa che crescere dal Mille in poi (Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo, 2010). Studiando l’intellettuale come rappresentante di quel gruppo sociale che ha il compito di pensare e di insegnare, pur in un contesto di condanne e di censure, Le Goff apre la porta a una storia delle università più attenta al contesto sociale. È forse il suo libro più agile e vivace. Lo aiutarono frequenti conversazioni con un domenicano geniale, Marie-Dominique Chenu.

Nel 1969, Fernand Braudel lo chiama a dirigere insieme a Emmanuel Le Roy Ladurie e a Marc Ferro la prestigiosa rivista degli Annales fondata da Marc Bloch e da Lucien Febvre. Nel 1972 viene eletto successore di Braudel alla direzione della VIe Section. Sotto la sua direzione (1975), la VIe Section si trasforma nell’ormai celebre École des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Quando (1977) lascia la direzione dell’École esce un suo nuovo libro, il cui titolo - Per un altro Medioevo - è un programma cui aggiunge un altro concetto a lui molto caro e destinato a diffondersi, quello di un lungo Medioevo, perché molte sono le strutture dalla feudalità all’immaginario sociale, sopravvissute fino alla Rivoluzione francese.

Proprio in quegli anni di pesanti responsabilità amministrative Le Goff inizia a studiare una struttura dell’immaginario - il Purgatorio - con fortissime implicazioni di carattere sociale ed economico oltre che intellettuale eteologico. La nascita del Purgatorio (1981) diventerà uno dei suoi libri più famosi - i principali sono stati tradotti in Italia da Laterza, per cui ha diretto, dal 1993, la collana “Fare l’Europa”. Partendo da una scoperta lessicale - il fuoco purgatorio (aggettivo) di cui si parla già nei primi secoli del cristianesimo si trasforma nel corso del XII secolo in un sostantivo - lo storico francese vede nel Purgatorio una struttura positiva che accompagna l’uscita del Medioevo dal dualismo inferno-paradiso e permette all’uomo di impadronirsi del tempo dell’aldilà. In un altro famoso saggio aveva già teorizzato che il tempo dei mercanti si fosse sostituito al tempo della Chiesa (Annales, 1960, trad. 2000).

In quel XIII secolo che ha tanto studiato, il re di Francia Luigi IX incarna l’apogeo dell’Europa cristiana. Il personaggio lo affascina a tal punto da dedicargli, un po’ controcorrente, una ponderosa biografia (San Luigi, 1996). Come il mercante e l’intellettuale, anche San Luigi è visto nella sua singolarità e come figura tipologica (di sovrano medievale).
San Luigi è anche il re sofferente, ad imitazione del Cristo in croce. Come Francesco d’Assisi è nelle sue stimmate un alter Christus (San Francesco d’Assisi, 2000). Ed ecco sorgere uno spiccato interesse per la storia del corpo che Le Goff tratta come una «delle principali tensioni dell’Occidente», perché nel Medioevo il corpo è stretto tra una straordinaria valorizzazione cristiana (Incarnazione, reliquie, stimmate) e un’altrettanto forte retorica di disprezzo del mondo (Il corpo nel Medioevo, con Nicolas Truon, 2007). Il dualismo che attanaglia il corpo si attenua però dal XII secolo in poi, lasciando spazi nuovi alla medicina e alle scienze del corpo che aprono la via alla modernità.

Sebbene il cristianesimo medievale condanni come errori le novità, Le Goff scorge verso la fine del Medioevo una società europea creatrice che innova e prepara la modernità che si consoliderà nell’Umanesimo (L’Europa medievale e il mondo moderno, 1994). Il Medioevo di Le Goff affascina perché realtà e immaginario si fondono pur nelle loro contraddizioni. Il suo Medioevo non è mai senza legami profondi con il tempo lungo, è sempre attento all’uomo (L’uomo medievale, 2006) ed è quindi più vicino a noi.

(2 aprile 2014)

La ricchezza dell’Europa da insegnare nelle scuole di Jacques Le Goff


LA globalizzazione ha creato due grandi centri di potere che si confrontano ormai da tempo: gli Stati Uniti e la Cina. Occorre salvaguardare l’esistenza di un terzo spazio forte per i suoi valori, la sua energia, la sua ricchezza: l’Europa.
Un elemento essenziale della potenza europea è la cultura, la sua cultura. Pensiamo ad esempio all’Università: una creazione europea che è stata per secoli centro di produzione di conoscenza senza paragone. Io non sono né credente né praticante ma come storico e medievista devo essere consapevole — è un altro esempio — del ruolo che ha giocato il Cristianesimo come forza spirituale e creatrice di valori nel determinare l’originalità dell’Europa.

Dal punto di vista politico occorre perseguire l’Europa possibile che — dal punto di vista storico — è l’Europa delle nazioni (ciò che consente di difendere la nostra cultura, la nostra politica, la nostra economia) mentre sarei prudente sull’idea di un’Europa federale. Io credo che si possa conservare la sovranità degli Stati attribuendo al Parlamento europeo un ruolo importante, che passi attraverso il voto dei cittadini europei. È fondamentale da questo punto di vista sviluppare una educazione comune che faccia dialogare le diverse culture nazionali. [...] Penso che in tutte le scuole europee occorra dare molto spazio alla storia europea. Una storia comune che sottolinei ciò che ci fa simili ma anche i nostri conflitti. La nostra storia è segnata non solo da molte diversità ma anche da fratture profonde. Ciò che oggi ci consente di pensare una Europa unita è il fatto obiettivo, innegabile che noi europei non possiamo più farci la guerra. E possiamo così valorizzare ciò che ci accomuna, anche tornando molto indietro nel tempo e sottolineando — ad esempio — le comuni radici nella cultura latina. [...] Da sempre l’Europa è uno straordinario centro d’attraziomedievali, ne di diversi popoli e culture. E poi, non dimentichiamo che la democrazia nasce in Europa, prima nella letteratura e nella filosofia con i greci e poi nella sua pratica attuazione. Nell’Europa antica esisteva una piazza pubblica — l’Agorà dei greci, il Foro dei romani, in cui i cittadini si incontravano per discutere e prendere decisioni. E perfino nei monasteri medievali è esistita una forma di democrazia, se è vero che gli abati erano eletti da tutti i monaci. Queste ed altre sono le ragioni che la storia ci consegna per costruire la nostra Europa.