giovedì 10 aprile 2008

Il grano è impazzito e il mondo ha fame

9 aprile 2008
Il grano è impazzito e il mondo ha fame
Paul Krugman - La Repubblica

Ma sono a dir poco devastanti nei Paesi poveri, dove il cibo costituisce molto spesso oltre la metà della spesa di un nucleo famigliare.

Nel mondo sono già scoppiati disordini per la crisi alimentare. I Paesi che esportano cereali – dall´Ucraina all´Argentina – stanno ponendo un limite alle esportazioni nel tentativo di tutelare i loro consumatori, suscitando così le forti e irate proteste dei coltivatori e peggiorando la situazione nei Paesi costretti necessariamente a importare i generi alimentari di cui hanno bisogno.

Come si è arrivati a tanto? Troviamo risposta a questo interrogativo nel convergere di trend a lungo termine, calamità naturali e pessime politiche.

Iniziando a esaminare i fattori non imputabili a nessuno, dobbiamo prima di ogni altra cosa tener conto dell´"avanzare" della massa di cinesi che consumano carne, ovvero del crescente numero di individui delle economie emergenti che per la prima volta sono abbastanza ricchi da potersi nutrire come gli occidentali. Poiché per produrre una bistecca che fornisce 100 calorie occorre una quantità di mangimi animali pari a 700 calorie, questo semplice cambiamento nel regime alimentare umano comporta un aumento della domanda complessiva di cereali.

Secondo: il prezzo del petrolio. Le moderne tecniche agricole richiedono un notevole dispendio energetico: si utilizzano molte Btu (British Termal Unit, unità di misura dell´energia usata nei Paesi anglosassoni che non adottano il nostro Joule; una Btu è la quantità di calore necessaria ad alzare la temperatura di 454 grammi di acqua da 60 a 61 gradi Fahrenheit, NdT) per produrre i fertilizzanti, far funzionare i trattori e, non ultimo, trasportare ai consumatori i prodotti agricoli. Con il petrolio che rimane costantemente sopra ai 100 dollari al barile, i costi energetici sono diventati una delle cause principali dell´aumento delle spese agricole. L´alto costo del petrolio – a proposito – ha molto a che vedere con la crescita della Cina e di altre economie emergenti: direttamente e indirettamente queste potenze economiche in ascesa si stanno mettendo in concorrenza con noi per accaparrarsi risorse ormai scarse, compresi il petrolio e la terra coltivabile, e ciò incide sui prezzi delle materie prime di ogni tipo che naturalmente aumentano.

Terzo, nelle principali aree di produzione dei cereali si è registrato un susseguirsi di calamità naturali. In particolare l´Australia, di norma il secondo Paese al mondo per le esportazioni di grano, sta vivendo una siccità spaventosa.

Pur avendo premesso che questi fattori alle radici della crisi alimentare non sono imputabili a nessuno, non è proprio così: l´ascesa della Cina e di altre economie emergenti è sì la causa primaria dell´aumento del prezzo del petrolio, ma l´invasione dell´Iraq – che secondo chi la volle avrebbe dovuto al contrario portare a un abbassamento notevole del costo del petrolio – ha oltretutto ridotto significativamente le scorte di greggio, molto più di quanto non sarebbe avvenuto altrimenti.

Le avverse condizioni climatiche, specialmente la siccità in Australia, probabilmente sono in relazione al cambiamento del clima, pertanto le leadership politiche e i governi che hanno intralciato le iniziative miranti a ridurre le emissioni di gas serra sono in effetti responsabili quanto meno in parte delle penurie alimentari.

Dove sono quanto mai evidenti le pessime politiche, tuttavia, è nella crescita del "demone" etanolo e di altri biocarburanti. Si presumeva che la conversione delle colture in combustibile, promossa tramite i sussidi, dovesse favorire l´indipendenza energetica e contribuire a ridurre il riscaldamento globale. Invece questa promessa – per dirla con le parole categoriche di Time Magazine – era "una truffa".

Ciò è quanto mai vero per l´etanolo ottenuto dal mais: perfino dalle stime più ottimistiche risulta che per produrre dal mais un gallone di etanolo è necessaria una quantità di energia pari alla maggior parte di quella che il gallone stesso assicura. Si è anche scoperto che le politiche apparentemente "buone" di sussidi ai biocarburanti – quali l´uso da parte del Brasile di etanolo ottenuto dalla canna da zucchero, per esempio – accelera il ritmo col quale si determina il cambiamento climatico perché incentiva la deforestazione.

Nel frattempo, la terra utilizzata per coltivare la materia prima dei biocarburanti non è ovviamente utilizzabile per coltivare prodotti destinati all´alimentazione umana e di conseguenza i sussidi ai carburanti sono un fattore determinante nella crisi alimentare. Possiamo anche metterla in questi termini: in Africa la gente muore di fame affinché i politici americani possano andare in cerca di voti negli Stati agricoli americani.

Nel caso ve lo stiate domandando: tutti i candidati rimasti che aspirano alla presidenza degli Stati Uniti sono tremendi, da questo punto di vista. Un´altra cosa ancora: una delle ragioni per le quali la crisi alimentare è diventata così grave, in così poco tempo e con tale rapidità, è che i principali attori del mercato dei cereali sono diventati compiacenti.

I governi e i rivenditori indipendenti di cereali erano soliti in tempi normali tenere da parte ingenti scorte, nel caso in cui un cattivo raccolto avesse provocato una penuria improvvisa. Nel corso degli anni, però, tali scorte precauzionali poco alla volta si sono rimpicciolite, soprattutto perché tutti erano ormai pervenuti a ritenere che i Paesi colpiti da un´insufficienza di raccolti potessero in ogni caso importare gli alimenti di cui avevano bisogno.

Ciò ha reso l´equilibrio alimentare mondiale quanto mai vulnerabile nei confronti di una crisi che colpisce molti Paesi a uno stesso tempo – nell´identico modo in cui la vendita di complessi titoli finanziari che si presumeva dovessero allontanare i rischi diversificandoli, ha conciato male i mercati finanziari globali, rendendoli fortemente vulnerabili a un grande shock di sistema.

Che fare, adesso? La necessità più impellente è aiutare le popolazioni colpite dalla crisi alimentare: il Programma Alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha lanciato un disperato appello per reperire maggiori finanziamenti. Dobbiamo altresì ripudiare i biocarburanti che si sono rivelati un errore madornale. Non è chiaro, nondimeno, quanto si possa concretamente fare in merito. Forse gli alimenti a buon mercato sono una cosa del passato, ormai, proprio come il petrolio a buon mercato.


© 2008 The New York Times
Traduzione di Anna Bissanti