venerdì 15 agosto 2014

essere giusti rende felici

RISPONDE
Umberto Galimberti
essere giusti rende felici

Adesso che la religione è in declino e l’uso della ragione sempre più diffuso, possiamo tornare alla morale kantiana: la virtù è felicità in se stessa
Pur non essendo uno studioso di religioni, ho l’impressione che lei generalizzi l’aspetto “premiale” di alcune grandi religioni monoteiste (la vita dopo la morte, il paradiso, l’inferno e via dicendo). Forse più che per ovviare all’angoscia della morte, le religioni sono nate per dare un sigillo autorevole, sovrannaturale e “naturale” insieme, alle regole morali che venivano elaborate nelle comunità umane e che non potevano trovare altra legittimazione e altra aura di soggezione (e qualcuno magari ci trovava il suo utile).
Probabilmente, più che la scienza, a mettere in crisi le religioni sono state le dichiarazioni borghesi, illuministe, dei diritti dell’uomo, che hanno posto basi diverse, terrene e razionali, ai modelli di comportamento virtuosi. Non dimentichiamo che, Olimpo a parte che era una specie di folklore, il pensiero classico era autopremiante, come anche il confucianesimo. Ci sono miliardi di cinesi che mai si sono posti il problema della vita dopo la morte e anche gli antichi greci non andavano oltre a un Ade angoscioso, oscuro e infelice alla fine. Per i filosofi greci se hai una vita virtuosa ci guadagni sulla terra perché soffri meno e te la passi meglio. Per Confucio se ti comporti bene sei un galantuomo, se sei avido di denaro o mascalzone non sei un galantuomo. Il premio è questo. E finisce lì. Non sopravvaluti il cristianesimo! Andrea Chiari andrea053@tin.it

Non sopravvaluto il cristia­nesimo, ma non posso negare che l’Occidente è profondamente cristiano in tutte le sue espressioni, persino quelle atee, perché in Occi­dente, anche quando si nega Dio, si pensa al Dio cristiano. Il cristiane­simo, a differenza della grecità che collocava l’età dell’oro nel passato e guardava al futuro come un’epoca di progressiva decadenza (si veda a que­sto proposito la Teogonia di Esiodo), ha generato nella cultura occidentale una notevole dose di ottimismo, pro­iettando nel futuro la speranza di una vita ultraterrena capace di lenire l’an­goscia della morte. Questa tonalità ottimistica ha per me­ato di sé anche la scienza, che guarda al futuro come al tempo del progres­so; la medicina che, che con le sue ri­cerche, ripone nel futuro la speranza della guarigione; la sociologia che, sia nella sua versione riformista sia in quella utopica e in quella rivoluzionaria, guarda al futuro come al tempo in cui è possibile realizzare una migliore giustizia sulla terra. Tutto è cristiano in Occidente, perché il cristianesimo ha inaugurato questa nuova conce­zione del tempo, non più “ciclico” secondo i ritmi della natura, ma “escatologico”, dove alla fine (éscha-ton) si sarebbe realizzato quello che all’inizio era stato promesso. E forse, proprio perché promosso da questa fiducia nel futuro, l’Occidente, sen­za finte ipocrisie, ha sopravanzato le altre culture. Persino la rivoluzione francese e l’illuminismo, che lei legge come antitetici al cristianesimo, ri­propongono, in forma secolarizzata, i valori cristiani di libertà, uguaglianza e fraternità.
Quanto agli dèi dell’Olimpo, non me li screditi per favore, perché sono un grande scenario dei sentimenti umani: Zeus è il potere, Atena l’in­telligenza, Afrodite la sessualità, Ares l’aggressività, Apollo la bellezza, Dioniso la follia. E siccome, a diffe­renza dell’impulso e dell’emozione, i sentimenti non sono doti naturali ma culturali, è necessario insegnarli e apprenderli come hanno fatto tut­te le culture con i loro racconti miti­ci, e come facevano le nostre nonne con le favole che, prima di dormire, raccontavano ai piccoli per insegna­re cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è ingiusto. Oggi queste narrazioni non avvengono più e i gio­vani, quando stanno male, non sanno riconoscere di che cosa soffrono. E questo accresce l’angoscia. Le religioni, lo dice la parola stes­sa, hanno sempre avuto il compito di “re-legare”, ossia di contenere quanto di pericoloso, di selvaggio, di violento, di spaventoso dovesse affacciarsi nella vita. E sotto questo profilo hanno compiuto un’opera di terapia collettiva, portando l’umanità da uno stato selvaggio a una condi­zione che oggi possiamo definire più civile. Se poi hanno operato con una logica premiale, promettendo la feli­cità a chi si fosse comportato secondo virtù, questo è fuori dubbio. Ma oggi che le religioni sono in declino e l’uso della ragione è più affermato e dif­fuso di un tempo, senza dover ricor­rere alle religioni orientali, nessuno ci impedisce di accedere alla morale kantiana secondo la quale: la virtù è felicità in se stessa. E per convincerse­ne basta farne esperienza.

D - Repubblica delle donne 9 agosto 2014