lunedì 30 agosto 2010

Addio a Panikkar teologo del dialogo

C'è Gheddafi che viene a Roma accolto in pompa magna per fare prediche e convertire all'islam (ma poi, come la mette il berlusca col papa? vabbé, un pò di ulteriori offerte alle scuole cattoliche e tutto si aggiusta...?).
Sarah Palin e compagnia che si mettono a ululare sul fatto che dio è con loro (e rischiamo diventino il prossimo presidente degli USA, pronti a fare guerre sante).
Forse aveva ragionne John Lennon quando in "Imagine" scriveva:

E nel frattempo, viene a mancare il grande teologo Panikkar, che almeno una buona parola cercava di mettercela....
GG
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Addio a Panikkar teologo del dialogo
di Vito Mancuso


Cosmoteandria. In questa difficile parola è racchiuso il nucleo del pensiero di Raimon Panikkar (morto ieri a 92 anni nella sua casa in Catalogna), uno dei più grandi teologi della nostra epoca, destinato a diventare sempre più una permanente sorgente di luce per tutti i cercatori sinceri della verità. Cosmoteandria è il termine coniato da Panikkar per esprimere la sua intuizione filosofico-teologica fondamentale, cioè che l’Assoluto (teo) è attingibile solo in unione con il mondo (cosmo) e in unione con l’uomo (andria) e, simmetricamente, che l’uomo viene a capo della sua essenza solo in armonia con il mondo naturale e con il divino.
Si tratta di una prospettiva che in lui non nacque come un colpo di genio estemporaneo, per quanto parlando di Panikkar è doveroso parlare di “genio” già solo a partire dalla ventina di lingue tra antiche e moderne perfettamente possedute e dagli innumerevoli riconoscimenti internazionali e lauree honoris causa (tra cui quella conferitagli nel 2004 dalla Facoltà di Teologia dell’Università di Tubinga, cioè una sorta di Nobel della ricerca teologica). L’intuizione della cosmoteandria è piuttosto il distillato della sua vita. 

Nato nel 1918 a Barcellona da madre catalana e padre indiano (un aristocratico con passaporto britannico), si laureò in chimica, lettere, filosofia e teologia nelle migliori università europee, quasi a scandire con i suoi studi una progressiva ascesa dai fondamenti della materia alle altezze dello spirito. Ordinato sacerdote si dedicò solo per poco alla vita pastorale, mentre prese presto a insegnare e tenere conferenze nelle migliori università di tutti i continenti. 
Al riguardo ricordo in particolare il ventennio 1966-1987, quando per un semestre viveva in America insegnando a Harvard, in California e a New York, e per un semestre in India studiando e soprattutto vivendo l’induismo e il buddhismo. Ed eccoci giunti al punto che più risalta del genio di Panikkar, il dialogo interreligioso, che per lui fu ricerca esistenziale in prima persona. Ne sono una significativa testimonianza queste sue celebri parole: ” Sono partito cristiano, mi sono scoperto indù e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano”. Laddove spiriti miopi e insicuri vedono il pericolo dell’eresia e del sincretismo, Panikkar consegna in realtà l’indicazione luminosa verso l’unico sentiero che il nostro mondo globalizzato oggi può percorrere se vuole la pace e l’incontro tra civiltà, e non il contrario. In questa prospettiva è significativo sapere che Panikkar ha voluto che il dialogo interreligioso da lui praticato per tutta la vita lo accompagnasse fino alla fine: in queste ore il suo corpo verrà cremato e metà delle ceneri saranno depositate nella tomba di famiglia, metà portate sul Gange e adagiate su una foglia secondo un’antica tradizione indù.
L’Italia ha l’onore di essere il paese nel quale vede la luce in prima mondiale l’opera omnia di Panikkar grazie alla Jaka Book di Milano, al suo presidente Sante Bagnoli e soprattutto alla curatrice Milena Carrara Pavan. Si tratta di dodici volumi, di cui quatro già pubblicati e un quinto che sta per uscire dal titolo Religione e religioni, probabilmente il cuore del pensiero del gran teologo. 

Così egli stesso presenta i suoi libri : ” I miei libri coprono un lasso di circa settant’anni, in cui mi sono dedicato ad approfondire il senso di una vita umana più giusta e più piena. Non ho vissuto per scrivere ma ho scritto per vivere in modo più cosciente e aiutare i miei fratelli con pensieri che non sorgono soltanto dalla mia mente, ma scaturiscono da una Fonte superiore che si può chiamare Spirito”.” E ancora: ” Mi sono aperto alla vita che mi sta attorno nella sua concretezza e ho scoperto che non era profana ma sacra”. Ed eccoci tornati alla cosmoteandria: è l’apertura alla vita reale e concreta lo spazio per una nuova e più integrale intuizione del sacro.
Ma ciò che a me viene in mente ora, a poca distanza dalla sua morte, del Raimon Panikkar che ho conosciuto è soprattutto il sorriso e la passione per il cioccolato. Un sorriso dolcissimo che rivelava gioia di vivere, immancabile senso dell’umorismo, reale attenzione per gli altri, amore tenero e forte per ogni frammento di essere. E la passione per il cioccolato che custodiva in lui fino all’ultimo la semplicità del bambino.
La Repubblica, 28 agosto 2010