domenica 18 novembre 2012

Non demonizzo il transgenico, ma resto convinto che servano dei limiti

Ecco la risposta che Michele Serra dà a un paio di lettere alla rubrica "per posta" del venerdi di Repubblica , riguardanti il transgenico

Risponde Michele Serra:

L'argomento è enorme, lo spazio minimo. Provo a dire la mia per punti, e in estrema sintesi.


1. Sarebbe folle affrontare i temi dell'ambiente, del cibo, del lavoro agricolo con spirito «antitecnologico». A parte una piccola frangia, ininfluente, di fondamentalisti reazionari, tutti sanno quanto le tecnologie, in agricoltura come ovunque, abbiano migliorato le capacità produttive e liberato l'uomo da fatiche bestiali. Le biotecnologie fanno parte (da millenni, vedi gli innesti e la selezione delle sementi) del sapere agricolo.
2. Detto questo, tra la zappa e il diserbante chimico venduto in simbiosi con la semente Ogm c'è la stessa differenza che corre tra una fionda e la bomba atomica. Entrambe sono armi, ma il loro potere di modificare l'ambiente è incomparabile. È vero che l'ambiente agricolo è, dai suoi albori, prodotto della manipolazione umana. Ma una manipolazione in grado di cancellare da enormi estensioni di terreno ogni forma di vita vegetale per fare crescere la sola specie (Ogm) immune al diserbante, come accade in molte parti del mondo e soprattutto nelle due Americhe, infligge un trauma così definitivo e repentino all'ambiente da suscitare, se permettete, almeno qualche perplessità.
3. Vero, il brevetto consente di ripagare gli sforzi della ricerca e gli investimenti effettuati. Ma la brevettabilità dovrebbe avere (come ogni cosa su questa Terra) i suoi limiti. Oggi si parla di poter brevettare non solamente il «mio» broccolo, quello che ho creato in laboratorio con la manipolazione genetica. Ma anche il broccolo in assoluto, diciamo così il broccolo «pubblico», studiandone questa o quella componente, definendola e piantandoci sopra la bandierina della propria ditta, come l'esploratore faceva inoltrandosi in terre sconosciute. Mi sembra un meccanismo perverso: se tutto quello che scopro è «mio», la scienza diventa esclusivamente un'ancella del profitto privato. E sarà indotta a studiare e scoprire solo ciò che serve al suo padrone, mettendo tra parentesi l'interesse generale.
4. Nessuna tecnologia è, in sé, buona o cattiva. È il suo uso politico e sociale a determinarne gli effetti. La critica agli Ogm è soprattutto critica di un modo di produzione. Distruzione della biodiversità significa in molti casi distruzione delle produzioni destinate all'autoconsumo. Passare da mille a dieci specie coltivate può anche essere razionale e produttivo, ma bisogna vedere per chi. Non certo per i contadini proletarizzati, che anche in virtù dell'autentico esproprio della loro autonomia produttiva hanno con le multinazionali un rapporto ormai pre-capitalistico, da servo della gleba a feudatario. È un progresso?
5. Infine. Secondo la fonte più autorevole, che è la Fao, la piaga della fame non dipende dalla carenza di cibo, ma dalla povertà (chi non mangia non ha i soldi per comperare il cibo), dalla cattiva distribuzione e dagli sprechi. Dire che bisogna incrementare a qualunque costo le quantità di cibo prodotte rischia dunque di essere pura propaganda per giustificare accelerazioni verso un uso sempre più massiccio e invasivo di Ogm.

Venerdi di Repubblica, 5 ottobre 2012