Dai santi ai banchieri, il nostro Medioevo narrato da Le Goff
Lo storico francese è morto ieri a Parigi. Aveva 90 anni. È stato il rifondatore degli studi sui secoli XII e XIII.
di Agostino Paravicini Bagliani, da Repubblica, 2 aprile 2014
Come
nessun altro storico, Jacques Le Goff, morto ieri a Parigi a 90 anni,
ha modificato la nostra percezione del Medioevo e come pochi altri
storici la sua opera nasce dal desiderio di innovare con sempre nuove
domande e nuovi temi, allargando il «territorio dello storico» alla luce
della Nouvelle histoire e, grazie a una straordinaria abilità nel
comunicare con un pubblico vasto, con la parola oltre che con la
scrittura. Nei suoi radiofonici
Lundis de l’histoire presentò
per decenni (dal 1968 in poi) i nuovi libri di storia discutendo con gli
autori, sovente anche giovani. E dal suo Seminario parigino (1962-1992)
lanciò temi (come la storia del riso,
I riti, il tempo, il riso,
2001) che si imposero presto, anche perché accoglievano le scienze
sociali (antropologia culturale, etnografia) e la storia delle immagini,
allora agli inizi.
Nato a Toulon nel 1924 - suo padre, bretone,
era professore di inglese e sua madre, insegnante di pianoforte -, vince
nel luglio 1945 il concorso per entrare alla École Normale Supérieure.
Nel 1953 è ospite a Roma della Scuola francese di Palazzo Farnese, dove
inizia una tesi di dottorato sulle università medievali (che si
trasformerà in una tesi sul lavoro nel Medioevo, soprattutto
intellettuale). Al suo ritorno in Francia, Michel Mollat lo vuole come
assistente all’università di Amiens. Nell’autunno 1959, Maurice Lombard,
studioso di storia economica del mondo islamico, che Le Goff ha
ammirato alla pari di Marc Bloch, lo chiama ad insegnare all’allora
nascente VIe Section dell’École Pratique des Hautes Études.
Inviato
più volte da Braudel a Varsavia per insegnare nell’ambito di una
convenzione con quell’università, incontra e poi sposa (1961) una
giovane dottoressa polacca specializzata in psichiatria infantile,
Hanka, che gli darà due figli e alla cui memoria dedicherà un
affettuosissimo libro di ricordi (
Avec Hanka, 2008). Più tardi,
nel 1968, sempre a Varsavia, assisterà alle repressioni di Gomulka e
alla rottura del suo amico Bronislaw Geremek con il partito comunista.
Fin
dai suoi primi due libri, sui mercanti e i banchieri (1956) e gli
intellettuali (1957), poi con la sua prima grande sintesi, La civiltà
dell’Occidente medievale( 1964), forse la sua opera più originale, Le
Goff riesce ad imporre il suo modo di intendere il Medioevo: studiarne
le strutture fondamentali - la foresta, la città e così via -
incrociando i vari contesti sociali con l’immaginario e il simbolico e
con l’analisi di gruppi sociali visti quali figure tipologiche della
società. Non la storia dei monaci ma il monaco. Non i mercanti ma il
mercante, che nel Medioevo è sempre un po’ usuraio, a causa della
condanna dell’usura da parte della Chiesa (
La borsa o la vita, dall’usuraio al banchiere,
2003). La ricchezza nel Medioevo non è soltanto di questo mondo, anche
se il ruolo del denaro non fa che crescere dal Mille in poi (
Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo,
2010). Studiando l’intellettuale come rappresentante di quel gruppo
sociale che ha il compito di pensare e di insegnare, pur in un contesto
di condanne e di censure, Le Goff apre la porta a una storia delle
università più attenta al contesto sociale. È forse il suo libro più
agile e vivace. Lo aiutarono frequenti conversazioni con un domenicano
geniale, Marie-Dominique Chenu.
Nel 1969, Fernand Braudel lo
chiama a dirigere insieme a Emmanuel Le Roy Ladurie e a Marc Ferro la
prestigiosa rivista degli Annales fondata da Marc Bloch e da Lucien
Febvre. Nel 1972 viene eletto successore di Braudel alla direzione della
VIe Section. Sotto la sua direzione (1975), la VIe Section si trasforma
nell’ormai celebre École des Hautes Etudes en Sciences Sociales.
Quando (1977) lascia la direzione dell’École esce un suo nuovo libro, il
cui titolo -
Per un altro Medioevo - è un programma cui
aggiunge un altro concetto a lui molto caro e destinato a diffondersi,
quello di un lungo Medioevo, perché molte sono le strutture dalla
feudalità all’immaginario sociale, sopravvissute fino alla Rivoluzione
francese.
Proprio in quegli anni di pesanti responsabilità
amministrative Le Goff inizia a studiare una struttura dell’immaginario -
il Purgatorio - con fortissime implicazioni di carattere sociale ed
economico oltre che intellettuale eteologico. La nascita del Purgatorio
(1981) diventerà uno dei suoi libri più famosi - i principali sono stati
tradotti in Italia da Laterza, per cui ha diretto, dal 1993, la collana
“Fare l’Europa”. Partendo da una scoperta lessicale - il fuoco
purgatorio (aggettivo) di cui si parla già nei primi secoli del
cristianesimo si trasforma nel corso del XII secolo in un sostantivo -
lo storico francese vede nel Purgatorio una struttura positiva che
accompagna l’uscita del Medioevo dal dualismo inferno-paradiso e
permette all’uomo di impadronirsi del tempo dell’aldilà. In un altro
famoso saggio aveva già teorizzato che il tempo dei mercanti si fosse
sostituito al tempo della Chiesa (
Annales, 1960, trad. 2000).
In
quel XIII secolo che ha tanto studiato, il re di Francia Luigi IX
incarna l’apogeo dell’Europa cristiana. Il personaggio lo affascina a
tal punto da dedicargli, un po’ controcorrente, una ponderosa biografia (
San Luigi,
1996). Come il mercante e l’intellettuale, anche San Luigi è visto
nella sua singolarità e come figura tipologica (di sovrano medievale).
San
Luigi è anche il re sofferente, ad imitazione del Cristo in croce. Come
Francesco d’Assisi è nelle sue stimmate un alter Christus (
San Francesco d’Assisi,
2000). Ed ecco sorgere uno spiccato interesse per la storia del corpo
che Le Goff tratta come una «delle principali tensioni dell’Occidente»,
perché nel Medioevo il corpo è stretto tra una straordinaria
valorizzazione cristiana (Incarnazione, reliquie, stimmate) e
un’altrettanto forte retorica di disprezzo del mondo (
Il corpo nel Medioevo,
con Nicolas Truon, 2007). Il dualismo che attanaglia il corpo si
attenua però dal XII secolo in poi, lasciando spazi nuovi alla medicina e
alle scienze del corpo che aprono la via alla modernità.
Sebbene
il cristianesimo medievale condanni come errori le novità, Le Goff
scorge verso la fine del Medioevo una società europea creatrice che
innova e prepara la modernità che si consoliderà nell’Umanesimo (
L’Europa medievale e il mondo moderno,
1994). Il Medioevo di Le Goff affascina perché realtà e immaginario si
fondono pur nelle loro contraddizioni. Il suo Medioevo non è mai senza
legami profondi con il tempo lungo, è sempre attento all’uomo (
L’uomo medievale, 2006) ed è quindi più vicino a noi.
(2 aprile 2014)
La ricchezza dell’Europa da insegnare nelle scuole di Jacques Le Goff
LA globalizzazione ha creato due grandi
centri di potere che si confrontano ormai da tempo: gli Stati Uniti e
la Cina. Occorre salvaguardare l’esistenza di un terzo spazio forte per
i suoi valori, la sua energia, la sua ricchezza: l’Europa.
Un
elemento essenziale della potenza europea è la cultura, la sua
cultura. Pensiamo ad esempio all’Università: una creazione europea che è
stata per secoli centro di produzione di conoscenza senza paragone. Io
non sono né credente né praticante ma come storico e medievista devo
essere consapevole — è un altro esempio — del ruolo che ha giocato il
Cristianesimo come forza spirituale e creatrice di valori nel
determinare l’originalità dell’Europa.